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Euro-jihadisti: dei mercenari NATO

Intervista a Bahar Kimyongür

Silvia Cattori | silviacattori.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

25/04/2014

Sostenendo la "ribellione" in Siria, l'Unione europea non ha incoraggiato migliaia di giovani a partire per combattere Bashar al-Assad in quanto potrebbero ritenere di perseguire lo stesso obiettivo? I servizi segreti dei paesi europei hanno lasciato partire questi giovani con la piena consapevolezza delle dimensioni del fenomeno? Perché si è aspettato fino ad oggi per presentare un piano per prevenire queste partenze? Bahar Kimyongür risponde alle nostre domande.

Silvia Cattori: Nelle ultime settimane i media mainstream parlano di questi giovani europei seguaci dell'Islam radicale che parteciperanno a dei campi di addestramento per ingrossare le fila del terrorismo in Siria [1]. Lei stesso se ne è mostrato preoccupato ben prima di loro. Quando si è reso conto della portata di questo fenomeno e quando ha preso contatto con le famiglie di questi giovani potenziali terroristi?

Bahar Kimyongür: Del fenomeno "euro-jihad" ne parlo costantemente dall'inizio dello scorso anno. All'epoca i media tradizionali erano relativamente silenziosi sull'argomento. Essi credevano ancora che il reclutamento di giovani fosse un fenomeno marginale e benefico per i siriani.

Se i primi belgi si sono autoinvitati nel conflitto siriano nel 2011, si trattava principalmente di belgi di origine siriana. L'internazionalizzazione del jihad in Siria ha avuto come pionieri i veterani della guerra contro Muammar Gheddafi. Erdogan ha presentato questi combattenti libici come suoi ospiti d'onore. Ufficialmente, la loro presenza in Turchia è dovuta a motivi sanitari. Ma, ben presto, i libici hanno installato dei campi di terroristi lungo il confine turco-siriano. Questo è avvenuto a fine estate 2011. La proliferazione delle reti di reclutamento dall'Europa verso la Siria si è manifestata nel 2012. All'epoca, nelle strade di Bruxelles, sono circolate voci circa la partenza di questo o quel "mujahidin". Nel marzo 2013, al momento dell'annuncio della creazione della Task Force Siria del Ministero degli Interni belga, ho scritto ai genitori degli jihadisti una lettera di avvertimento denunciando la complicità delle autorità belghe nella partenza dei loro figli. [2]

Ricordo che in un'intervista a Bel-RTL del 26 aprile 2013, il ministro degli Esteri belga Didier Reynders aveva dichiarato a proposito dei jihadisti belgi: "Forse gli faremo un monumento come eroi di una rivoluzione". La facilità con cui questi giovani sono potuti andare ad invadere la Siria e terrorizzare la sua popolazione è sconcertante. Dopo la pubblicazione della mia lettera, diverse famiglie mi hanno contattato. Da allora, ricevo regolarmente telefonate o e-mail provenienti di famiglie disperate.

Silvia Cattori: Il Belgio è più coinvolto di altri paesi?

Bahar Kimyongür: Sì, certamente. Non è un caso che il Belgio ospiti l'8 maggio prossimo un incontro internazionale sui combattenti stranieri in Siria. Gli esperti europei di antiterrorismo sono unanimi: il Belgio ha il maggior numero di jihadisti in Siria in rapporto al numero di abitanti. Nei quartieri popolari di Bruxelles, di Vilvoorde o di Anversa, a forte presenza musulmana, la pressione esercitata dai gruppi religiosi radicali è particolarmente sensibile. Storicamente, l'Arabia Saudita ha il monopolio della formazione religiosa dei musulmani di lingua araba in Belgio.

Questa preminenza saudita sull'Islam in Belgio ha diverse conseguenze nefaste a livello intracomunitario. E', in particolare, la principale fonte di banalizzazione della propaganda anti-sciita. Anche i servizi segreti marocchini svolgono un ruolo di primo piano nella demonizzazione degli sciiti. Il regno del Marocco segue con preoccupazione l'ondata di conversione di numerosi marocchini in Belgio allo sciismo. Conseguenza di questo neo-conservatorismo settario che affligge il Belgio: l'incendio della moschea sciita di Anderlecht nel marzo 2012 e l'assassinio dell'imam della moschea Abdellah Dahdouh. Il terrorista che ha dato fuoco alla moschea ha poi spiegato che il suo gesto è stato motivato dalla guerra in Siria. Per quanto ne so, non c'è stato nessun altro attentato terroristico in Europa collegato al conflitto siriano come quello rivolto alla moschea di Bruxelles. Questo attentato ha avuto luogo il 12 marzo 2012. La tragedia siriana non aveva ancora un anno. Perché un tale crimine possa verificarsi nel Belgio, occorre un clima propizio. All'epoca, le sette takfiri [takfir = apostata; accusa generalmente rivolta ai sunniti e ai salafiti, ndt] come Sharia4Belgium godevano di una certa libertà movimento. Hanno potuto felicemente diffondere i loro discorsi di odio contro i musulmani non conformi ai loro codici, gli sciiti in particolare.

Silvia Cattori: Le autorità belghe, in confronto con altri paesi, hanno preso più sul serio questo fenomeno? Hanno preso misure adeguate per prevenire tali partenze e aiutare le famiglie?

Bahar Kimyongür: No, le autorità belghe hanno lasciato fare. Le autorità belghe hanno consentito che il gruppo Sharia4Belgium radicalizzasse e polarizzasse la comunità musulmana belga e reclutasse giovani fragili e manipolabili. Non hanno avviato un'azione giudiziaria nei riguardi del suo portavoce Fouad Belkacem quando ha attaccato non-musulmani, fra cui c'erano alcune personalità politiche belghe. Al contrario, quando l'organizzazione Sharia4Belgium ha diffuso un appello all'odio e alla violenza contro gli sciiti, non è mai stata infastidita.

Il 7 ottobre 2012, Sharia4Belgium ha pubblicato un comunicato in cui la rete settaria annunciava il sua auto-scioglimento e la sua intenzione di combattere in Siria. Di nuovo, silenzio radio da parte delle autorità belghe. In realtà erano sollevate dalla partenza dei fanatici di Sharia4Belgium verso la Siria. Insomma: "Che liberazione!".

Per le autorità belghe, l'annuncio di questa partenza era un bene. Infatti, il Belgio ha come nemico esterno la Siria di Bashar al-Assad e come nemico interno i takfiri di Sharia4Belgium. Che cosa avremmo detto se fossimo delle "barbe finte" [nell'originale: 'barbuzes', dispregiativo per gli agenti dei servizi che eseguono azioni illegali] allineate con la NATO: "Che i nostri nemici possano uccidersi a vicenda" - non vi pare?

Decidendo di combattere in Siria, i terroristi di Sharia4Belgium rendono dunque un grande servizio al Belgio. In un certo qual modo fanno quello che l'esercito belga e le forze NATO non potevano fare in considerazione della combattività dell'esercito siriano e dell'equilibrio geostrategico mondiale.

Gli jihadisti belgi sono diventati, forse senza rendersene conto, dei mercenari della NATO in Siria. E, per parte loro, i paesi della NATO sono divenuti dei complici di movimenti terroristici.

E' chiaro che le famiglie di jihadisti sono state totalmente strumentalizzate dai cinici calcoli delle autorità belghe. La rete Sharia4Belgium ha non solo potuto fare i bagagli ma ha anche potuto portare con sé un battaglione di giovani smarriti in cerca di avventura e sensazioni forti. Anche dei giovani minorenni hanno potuto prendere l'aereo all'aeroporto di Bruxelles-National senza il consenso dei genitori il che, in teoria, è severamente vietato.

Detto questo, Sharia4Belgium è solo una delle reti di reclutamento in Belgio. Oltre a Sharia4Belgium esistono delle filiere maghrebine, siriane, libanesi, cecene e, soprattutto, un sacco di giovani candidati che si sono recati spontaneamente nel nord della Siria dalla Turchia senza passare attraverso qualsiasi intermediario.

Silvia Cattori: Lei dice che le autorità belghe non hanno voluto impedire la partenza di questi giovani per la Siria. Sapranno gestire meglio il loro ritorno?

Bahar Kimyongür: In assoluto, sapranno meglio gestire il ritorno dei giovani che la loro partenza. Ma se "barbe finte" belghe credono davvero che ci sono solo 150 belgi in Siria, la popolazione belga ha davvero di che preoccuparsi per la sua sicurezza. Decine di volontari belgi sono davvero dei perfetti militi ignoti. Il pericolo verrà piuttosto dai lupi solitari partiti senza cerimonie e poco amanti dello "star system" offerto dalle reti sociali come Facebook.

Silvia Cattori: Di solito si fa intendere che questi giovani si sarebbero indottrinati da soli su internet. Che non avrebbero avuto legami diretti con dei reclutatori. Che avrebbero raggiunto la Siria con i propri mezzi. Secondo lei dovrei prendere per oro colato quello che dicono quando tornano o quello che dicono sul loro conto i servizi d'informazione?

Bahar Kimyongür: Grazie ad internet, esiste effettivamente un vero fenomeno di auto-radicalizzazione e di mobilitazione spontanea. Dei gruppi terroristici come lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante (EIIL), detto anche Daech, sono diventati maestri nell'arte della video propaganda. Esaltando la loro onnipotenza attraverso un diluvio di effetti speciali apocalittici intervallati da raffiche di colpi e canti religiosi, riescono ad attirare a sé migliaia di giovani candidati europei. Per dei giovani alla ricerca di fiducia, successo e sensazioni forti, la setta Daech ha tutto per piacere. Si vanta di combattere tutte le nazioni, tutte le religioni, tutti i sistemi. Rifiuta tutto e tutti. Proclama il suo diritto di vita o di morte su chiunque. Sostiene di essere sottomessa a Dio ma agisce in totale libertà, si arroga il diritto di torturare, di finire i feriti, di redigere elenchi di persone da abbattere, di requisire i beni altrui. In breve, i combattenti di Daech si considerano dei re, dei signori della guerra o dei veri e propri dei in terra. Questo nichilismo rivestito di versetti coranici e di sacralità esercita un fascino tra gli adolescenti e i giovani adulti che cercano di sconfiggere il loro malessere, dare senso alla loro vita e ottenere un riconoscimento sociale anche postumo.

Non c'è bisogno di intermediari per trovare Daech. Il video online fa tutto il lavoro del predicatore. Ha lo stesso effetto ammaliante del canto delle sirene della leggenda di Ulisse.

Oggi, nulla impedisce ad un giovane europeo di sbarcare in Siria attraverso la Turchia di propria iniziativa. Il volontario jihadista non ha più bisogno di essere accompagnato e neanche di avere un amico sul posto. Da quando scende dall'aereo all'aeroporto di Hatay in Turchia, il volontario sarà preso in carico da veri e propri "tour operator" del terrorismo globale. Se lo desidera, prenderà a sue spese un taxi fino al confine siriano e l'attraverserà a piedi.

Per quanto riguarda i "rimpatriati", cioè i delusi, i pentiti di ritorno in Europa, molto probabilmente rilasceranno false dichiarazioni agli investigatori europei per evitare noie giudiziarie. Senza dubbio non ammetteranno la loro partecipazione a crimini barbari e riverseranno piuttosto la colpa su dei commilitoni già morti. In ogni caso, nessuno li potrà contraddire.


[1] Vedere come i mezzi d'informazione hanno bloccato questo genere di informazione:

http://www.silviacattori.net/article4500.html

http://www.silviacattori.net/article4457.html

[2] Vedere:

http://www.michelcollon.info/Lettre-ouverte-aux-parents-des.html ?lang=fr


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