Il paese di cui non si
parla più …
di Michel Collon (traduzione integrale)
L’impennata dei prezzi, dei licenziamenti, dei tumori, dei suicidi. E il
rifiuto del governo del FMI.
Perché non si parla più della Jugoslavia?
Con il nuovo regime, il prezzo del pane, della
verdura e dell’elettricità sono esplosi. I suicidi anche. Esattamente come gli
scioperi. Ma i minatori di Kolubura, che avevano aiutato a rovesciare
Milosevic, adesso, dal ministro Djindjic sono definiti “ricattatori”. Ed il suo
indice di popolarità è sceso all’8%.
Di questi tempi, il Kosovo, quel ne che rimane dopo i bombardamenti,vive sotto il
terrore dellla mafia e della pulizia etnica di tutte le etnie,a dispetto(o a causa?)
della presenza di 40.000 soldati della Nato.
Benvenuto nella Jugoslavia, la neocolonia nella vetrina della mondializzazione.
Un grosso monito per tutti i paesi che gli USA si apprestano “a conquistare”,
oltre che un’esperienza interessante per tutti coloro avevanosostenuto la
guerra della Nato nel 99’.
Perché, adesso, questa gente non
si chiede come mai la maggioranza dei serbi si rifiuta di andare a votare?
Il prezzo del pane è passata da 4 a 30 dinari in
un anno. Il maiale al Kg. da 180 a 260 dinari (era a 60 sotto Milosevic). Le
patate da 7 a 12, lo zucchero da 25 a 50, un litro d’olio da 36 a 70 dinari.
Le differenze con il periodo Milosevic sono ancora più grandi. Il gas al m³ è
passato da 3 a 11,20 dinari. 170.000 famiglie di Belgrado non possono più
pagare l’elettricità, che su richiesta del FMI è raddoppiata in quattro mesi,
ed altri rincari sono già annunciati. Quest’inverno saranno privati anche del
riscaldamento.
« I francesi non
potrebbero vivere con così poco » ,mi confida
Dominique, di ritorno da Belgrado ;
« I miei amici, un gruppo di
intellettuali di Belgrado, mangiano una banana o un yogurt, non possono
spendere di più. Il caffè non si vende a pacchetti da un Kg., ma solo da cento
grammi.
Ma loro non lo bevono più, è diventato un lusso. - Si, ci si arrangia -, mi dicono loro, ma intanto hanno perso dei
chili. Un pasto, è una scatola di sardine per tre, un po’ di paprika, pane …. E
non si contano più i suicidi dei vecchi, che non resistono a vedersi ridotti
come dei mendicanti ».
La stessa cosa per Senka, manager di Jagodina, ci
dice con angoscia : « Come faccio, la
mattina quando mio figlio chiede : - Mamma : del Pane ! del Latte ! - e io non
ho niente da dargli ? »
« Non c’è più nessuno che ha la
possibilità di comprare », spiega il suo amico francese : «
Non c’è più nessuno che abbia lavoro o collocazione sociale. Si sopravvive
grazie a degli espedienti del tipo « Io ti aggiusto la macchina, tu mi dai tre Kg. di patate oppure
dell’olio ». Quasi tutti hanno dei parenti in campagna che li aiutano a
mangiare, senò non potrebbero campare.
Dei militanti del neonato Partito del Lavoro, hanno condotto una piccola
inchiesta per noi :
« In tre città operaie di media
importanza l’85% della gente dichiara che il loro livello di vita si è
abbassato del 150% ».
A
Belgrado ci sono 4.900 donne malate di cancro e senza cure. Avevano già
sofferto molto per le privazioni imposte dal 91’ per via dell’embargo
occidentale, e subito i gravi inquinamenti provocati dalla Nato quando,
violando le leggi di guerra, ha bombardato il complesso chimico di Pancevo.
Non c’è poi stato alcun miglioramento con la caduta drammatica del livello di
vita e dell’alimentazione. E per finire, la privatizzazione ha fatto i suoi
disastri : fine dell’accesso alle medicine a buon mercato vendute delle
farmacie dello Stato, ormai introvabili. Di fatto, ci vuole un buon portafoglio
per pagarsi i farmaci. 30 pastiglie anti - cancro costano 60 € : quasi
l’equivalente di una pensione operaia mensile. Secondo il giornale Novosti, 4.900 donne di Belgrado sono
malate di cancro, ma sono private dell’accesso alle medicine. Si osserva
altrove una forte recrudescenza del tasso di malattie cancerose, soprattutto
polmonari. Il ministero della Sanità ha riconosciuto il fenomeno, ma non ha
attivato alcuna ricerca in merito. Sarà l’URANIO ?
Il problema della sanità rischia di diventare enorme: una recente statistica
constata l’aumento dei decessi del 30% in tre anni, che colpisce tutte le fasce
d’età, giovani compresi.
Un amico di Belgrado ci confida con amarezza che quando suo padre è deceduto,
la famiglia ha dovuto attendere
settimane per l’inumazione, perché non si trovano posti nei cimiteri, sono
diventati troppo piccoli …
Che fine hanno fatto le promesse del 2000?
Che contrasto con le promesse ellettorali
sciorinate nell’ottobre del 2000 dai partiti filo-occidentali.
A crederli, la prosperità aspettava ogni serbo, bastava rivolgersi
all’Occidente …
Al momento, sotto il titolo « Kostunica, Djindjic e Washington
manterranno le loro promesse? » noi scriviamo : una grande illusione
domina attualmente la gioventù jugoslava,
quella che nutre le illusioni verso le promesse dell’Occidente. La
grande illusione è quella di credere che accettando la volontà delle
multinazionali e dei dirigenti occidentali, la popolazione jugoslava sarà
ricompensata con la prosperità. Resta la questione decisiva : « Cosa valgono le promesse degli Stati Uniti
e dei loro alleati ? » Allettati da promesse di prosperità come quelle
fatte nell’89’, paesi come la Russia, la Bulgaria o l’Albania si sono messi in
ginocchio davanti al capitalismo occidentale.
Oggi i loro popoli vivono come prima? Rispondono i fatti.
Anche a Belgrado, dopo due anni, i fatti hanno risposto. La mondializzazione
made in USA e Bruxelles è finalmente apparsa ai popoli. Eccoli, sono i famosi «
investitori occidentali », come dice chi ha voluto ed ottenuto la fine del
controllo dei prezzi.
Il FMI ha fatto
licenziare almeno 800.000 lavoratori
Il livello di vita e la sanità si potranno
raddrizzare nei prossimi anni ? Non si può aspettare, la disoccupazione sta
diventando catastrofe : « Bisogna
licenziare almeno 800.000 lavoratori serbi dei servizi pubblici e delle imprese
di Stato », scrive Arvo Cuddo, responsabile della Banca Mondiale. Tutto
preso nel consigliare ai governanti di procedere progressivamente e di
prevedere compensazioni onde evitare una situazione sociale esplosiva.
In fondo, da parte della Banca Mondiale non c’è niente di nuovo. Già nell’ 89’,
chi voleva il fallimento di 2.435 imprese jugoslave e il licenziamento in massa
dei lavoratori (due su tre in Serbia) ? Queste esigenze occidentali avevano
spinto i dirigenti di diverse repubbliche alla fuga in avanti dei rilanci
nazionalisti.
I primi colpi della guerra sono stati sparati dalla Banca Mondiale e dal FMI.
Dieci anni più tardi, grazie alle bombe della Nato, la privatizzazione ha
debuttato sul serio. Le cinque maggiori imprese pubbliche sono il bersaglio del
governo Djindjic, ma le resistenze sono forti. Per esempio, tra i 36.000
lavoratori dell’impresa agro - alimentare Karnex. In giugno hanno scoperto che
la loro cassa sociale è vuota, sicchè un lavoratore che si ammala non ha più
diritto a nessuna retribuzione. Dove sono i soldi ? « Non si sa », risponde il governo, tentando di fargli accettare la privatizzazione. « Non importa» rispondono allora i
lavoratori, e si decidono a vendere i loro prodotti direttamente ai
supermercati e non più al governo che accaparra il 50% dei profitti :
« Quando noi consegniamo, ci pagate
solo in parte, e con ritardo. Ma noi non abbiamo bisogno di capitali stranieri
per salvarci.Ce la faremo senza di voi. »
La resistenza alle
privatizzazioni
I lavoratori cercano di salvare il loro sistema di
autogestione. Questo lo si vede anche nel successo dell’iniziativa del nuovo
sindacato (d’opposizione) « Verso il futuro
» , che ha proposto agli operai di fondare una cassa sociale, da creare
lavorando quattro sabati al mese. Negli altri quattro grandi stabilimenti i problemi sono identici :
Zastava (auto), Smederevo (metallurgia), GOSA (edilizia), e Stardit 13. In questa
fabbrica sono state consegnate al governo 150.000 tonnellate d’acciaio prodotte
in tre mesi, ma dal governo non sono ancora state pagate. Il salario degli
operai è stato invece ridotto della metà,
perciò la cassa è senza fondi. In giugno il primo ministro Djindjic ha
visitato l’acciaieria proponendo di recuperare quel denaro .. privatizzandola,
ma la manovra è stata rifiutata con uno scipero di 48 ore.
Di fatto, i cinque più grandi
stabilimenti industriali del paese restano fedeli all’autogestione e non
accettano di essere privatizzati e svenduti alle mutinazionali straniere. GOSA
è bramata da interessi tedeschi mentre Peugeot addocchia la Zastava. Poco prima
delle elezioni, il governo, dopo aver licenziato la metà di trentamila
lavoratori, ha fatto luccicare di nuovo delle belle promesse. Alla vigilia
delle elezioni, giocando d’azzardo, ha annunciato che l’acciaieria sarà ripresa
da un miracoloso investimento USA, che prometteva di rilanciare la produzione
fino a 220.000 vetture all’anno ! Poco probabile, visto che al momento
l’industria automobilistica del capitalismo mondiale produce circa 70 milioni
di auto all’anno di cui riesce a venderne solo 50 milioni, e si trova alle
prese con una crisi di sovrapproduzione. Inoltre si licenziano ed impoveriscono
i potenziali clienti, e a chi vendere allora ?
Di fronte a tutte queste promesse, la
sfiducia ha sostituito le illusioni precedenti :
« Il governo non si preoccupa della
gente, solo delle sue tasche ».
E’ soprattutto la privatizzazione a riempire quelle tasche ? Alcuni esempi lo
confermano. La metà della Telecom era già stata venduta, la rete Mobil 063 è
caduta nelle mani dei fratelli Karic. Tutti si chiedono da dove è arrivato il
denaro necessario ad installare una rete in tutta la Serbia, e anche i fondi
per finanziare la televisione BK, che ha i migliori programmi del paese. I
fratelli Karic sono molto vicini a Djindjic… Quanto alla rete 064, si tratta di
capitali tedeschi.
Chi si arricchisce in
Jugoslavia ?
Se
la maggior parte degli jugoslavi si sono molto impoveriti, dove vanno questi
soldi ? « Sono quelli che mangiano, è
la mafia intorno a Djindjic », denuncia Zarko, riassumendo un sentimento
generale. Mafia ? Accusa esagerata ? Per niente ; ci scrive un francese al
ritorno da Belgrado : « Un imprenditore
vicino al partito del signor Djindjic è stato recentemente assassinato. Aveva
ottenuto la concessione di sfruttamento dell’autostrada Belgrado - Horgos ed in
principio doveva finirne la costruzione .. Se ci andate in automobile, vedrete
che è ancora esattamente come l’aveva lasciata Milosevic. Si pensa che questo
imprenditore sia stato eliminato per nascondere il dirottamento dei fondi verso
la DOS ». Questa è l’accusa indicata anche dall’entourage del presidente
Kostunica. A fine agosto, i ministri del suo partito, il DSS, hanno lasciato il
governo in segno di protesta contro la morte di Momir Gavrilovic. Alto
responsabile dei servizi di sicurezza, tornava da una visita a Kostunica per
informarlo dei legami tra il primo ministro Djindjic e il boss mafioso Stanko
Subotic. Da allora, dell’assassinio non è stato né incolpato né arrestato
nessuno. Si noterà anche che la privatizzazione delle principali imprese
pubbliche è stata condotta a profitto di membri del partito di governo DOS ...
Il potere non è a
Belgrado
Ma non si arricchiscono solo gli amici del signor Djindjic. Quando hanno chiuso
le quattro maggiori banche serbe, licenziando migliaia d’impiegati, chi le ha
rilevate? La Società Generale francese e la banca tedesca Raiffeisen. Nel
settore della birra, è l’imprenditore belga Interbrew che si è piazzato.
Qual è il paese che si prende la fetta più grande della torta? La Germania,
senza dubbio. Alcuni parlano già della “nuova
invasione tedesca”. A scuola il corso di tedesco sta soppiantando l’inglese.
Quest’invasione riguarda vari settori. E’ una ditta tedesca che vuole gli
impianti idrici del Montengro, e sono società tedesche che hanno raccattato la
maggior parte dei media serbi: Westdeutsche Allgmeine Zeiutng ha acquistato il
controllo del celebre quotidiano Politika, mentre Grunner & Jahr si è
impossessato del rotocalco Blic.
Un inciso;
all’epoca di Milosevic l’opposizione filoccidentale, generosamente finanziata
da miliardari USA come George Soros, controllava la maggior parte dei giornali,
ora, tutte le testate sono filoccidentali. E’ questo il pluralismo ?
Non è una sorpresa. Ciò che sta
accadendo non è che l’applicazione di uno scenario scritto da anni a
Washington, Berlino e Bruxelles. Sono gli Stati Uniti e l’Unione Europea che
hanno preso direttamente in mano la vita economica e sociale della Jugoslavia.
Esercitano il controllo assoluto con il “G17 ”, un ordine economico finanziato
dall’occidente composto di vecchi responsabili del FMI e della Banca Mondiale. E’ il G17 che ha fornito gli uomini chiave
del nuovo regime : il vice primo ministro Mirojslav Labus, il governatore della
Banca Nazionale Mladan Dinkic e il ministro delle finanze Bozidar Djelic. Sono
quellli che hanno preparato tutte le leggi di liquidazione delle protezioni sociali
e dello smantellamento dei diritti dei lavoratori.
Sono loro, gli uomini del FMI, che
hanno scatenato la privatizzazione delle imprese autogestite dai lavoratori,
l’ultima eredità di Tito. Ventidue società sono state vendute agli offerenti, 5
privatizzate e 26 sono in via di ristrutturazione. Il divieto di licenziamento
è stato cancellato per ingraziarsi gli investitori stranieri. E’ Djelic che
recentemente ha abbassato l’imposta delle imprese dal 20% al 14%. Ora, quando
la gente semplice non ha più di che vivere, si fanno regali ai nuovi padroni,
alle multinazionali e ai paesi ricchi. Djelic ha annunciato che il suo governo
« rimborserà » immediatamente la Banca Mondiale, la Banca Europea
d’Investimento e il « Club di Parigi » di 60 milioni di euro.
L’Occidente ha distrutto la Jugoslavia, ma si fa « rimborsare » !
Disilusioni, ma anche
resistenza
Oggi, due serbi su tre vivono sotto la soglia
della povertà, questa situazione provoca disillusione, ma anche resistenza.
Come sono i serbi oggi ? La risposta è un’anime : « Delusi, disincantati, disgustati » dice Dominique, « Si rendono conto che sono stati raggirati.
Si accusa Milosevic, ma quando lui era al potere si mangiava tre volte al
giorno. Ora invece … ». La debolissima partecipazione alle ultime
elezioni conferma la tabula rasa nei confronti dei partiti : « Tutti uguali ! ». Djindjic, il nuovo
primo ministro vede la sua popolarità cadere all’8%. Ma ce n’è anche per
Kostunica : « Promette molto, ma non
fa niente », s’indigna Branko, che aveva votato per lui speranzoso. Lo
stesso vale per i giovani, ostili a Milosevic, e che speravano di gustare il
tenore di vita occidentale, adesso anche loro sono delusi. Il tasso di suicidi
è esploso: l’anno scorso a Belgrado ne sono stati dichiarati 900. A Nis, città
di 350.000 abitanti, la polizia segnala un suicidio ogni 5 giorni. Nel 2001 i
serbi hanno consumato 41 milioni di compresse anti - stress Bensedin, 63
milioni di Bromazepam e 40 milioni di Diazepam. La stessa agenzia occidentale
Associated Press segnala la catastrofe sociale : « Migliaia di tassisti hanno
paralizzato il traffico di Belgrado, protestano contro una nuova tassa (un mese
di salario medio) che colpisce gli autisti di taxi, e reclamano dal governo di
poter aumentare le tariffe ». Lo slogan dei protestanti « DOS - ta ! » (Basta !) eprime bene la
disillusione totale nella DOS messa al potere dall’Occidente nell’ottobre 2000.
Quest’estate, molte manifestazion sono state represse con brutalità dalla
polizia (rimpiazzata quasi al completo dal nuovo regime). In giugno, davanti al
Parlamento di Belgrado, 10 persone sono state ferite durante una manifestazione
di « poveri ».
Ma tutto questo non passsa il filtro dei media occidentali. L’opinione pubblica
occidentale è tenuta allo scuro. Ci si guarda bene dallo spiegare il disincanto
profondo della popolazione jugoslava verso coloro che promettevano. Questo
disincanto è la reale causa della crisi politica in Serbia, dal confronto
Kostunica - Djindjic al recente flop elettorale. Ma, prima di tutto, bisogna
esaminare le vere ragioni che hanno portato gli USA e la Germania ad
intervenire nei Balcani, e notare gli strani rapporti con la mafia e i
terroristi locali.
La “battaglia per i corridoi” esce dall’ombra
In effetti, il crimine maggiore della Jugoslavia fu di pretendere di conservare
un sistema d’ispirazione sociale e indipendente dalle multinazionali. Ma cè
anche stato il crimine “geografico”: la Jugoslavia si trova nel cuore dei
“corridoi 8 e 10”.
Cos’è un “corridoio”? Si tratta di un insieme di comunicazioni moderne:
autostrade, ferrovie, porti marittimi e fluviali, oleodotti e gasdotti.
L’obiettivo: portare verso l’Europa occidentale i prodotti delocalizzati più
vicino, e soprattutto il petrolio ed il gas provenienti dal Caucaso e dall’Asia
centrale.
Questo gigantesco progetto dell’Unione Europea (90 miliardi di euro
d’investimento previsti fino al 2015), è uno degli assi strategici del
commercio mondiale del futuro.
Dove passerà il corridoio? Tracciati diversi si oppongono da una decina d’anni,
posta in gioco di una segreta rivalità tra Washington e Berlino. Questa
rivalità è stata il cuore del conflitto in Jugoslavia, giacchè ogni grande
potenza voleva controllarlo, come abbiamo già scritto in “Poker falso e Monopolio”.
La politica internazionale sembra complicata e a volte incomprensibile
? Ecco un una regola facile per renderla più chiara : in ogni regione del mondo
dove si trova una via del petrolio o del gas, gli USA cercano di installare
delle loro basi militari, provocando o inasprendo dei conflitti locali, per
immischiarsi e presentarsi subito come osservatori o come pompieri. Questa
regola essenziale spiega la maggior parte delle guerre « incomprensibili » :
Jugoslavia, Macedonia, Cecenia, Caucaso, Afghanistan, ex - repubbliche
sovietiche dell’Asia centrale …
Nei balcani, la via tedesca è questa : Constanza (porto rumeno) - Belgrado -
Amburgo. E poi da costruire oleodotti, ferrovie, porti marittimi e fluviali
lungo il Danubio, autostrade da raddoppiare.
La via rivale è quella degli USA : Bulgaria - Macedonia - Albania
(Mediterraneo). Tre stati che Washington fa di tutto per farli controllare
dall’unione Europea.
Le nostre teorie dei corridoi intesi come motori della guerra contro la
Jugoslavia avevano lasciato scettici alcuni .. Ecco la discreta confessione del
generale Jackson, comandante in capo della Nato in Macedonia, e poi in Kosovo
nel 99’ : « Certamente qui resteremo a
lungo, per garantire la sicurezza dei corridoi energetici che attraversano il
paese ». Ma più recentemente, il 10 settembre scorso, ecco che i
corridoi escono definitivamente dall’ombra; i ministri dell’economia di
Romania, Jugoslavia e Croazia hanno dato il via al « Corridoio 10 ». Un
oleodotto di 1.200 Km. che trasporterà tonnellate di greggio all’anno, con
possibilità d’estensione verso l’Italia ed il Mediterraneo.
E le
strade ? Anche lì si affrontano tracciati rivali. Belgrado ha appena scelto
d’investire nel completamento del Corridoio 10 : il raccordo Nord - Sud con la
Grecia. Quest’investimenti si fanno a detrimento del raccordo Ovest - Est con
la Bulgaria. L’Agenzia Europea per la ricostruzione ha investito 47 milioni di
euro in strade e autostrade del Kosovo, complementari al Corridoio 10. Di
contro, è nel tracciato rivale del Corridoio 10: Bulgaria - Macedonia -
Albania, che l’United States Agency for International Development ha investito
30 milioni di dollari.
Gli jugoslavi hanno pagato per queste rotte
commerciali, tanto sospirate dalle multinazionali europee.Certo,
ufficialmente l’Occidente « aiuta ».
Anzi, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERD) e la Banca
Eurpea d’Investimento hanno fornito dei capitali per la costruzione del «
Corriodo 10 ». Ma quest’ « aiuto » consiste nel fare prestiti. Quelli che
permettono di incassare dall’ « assistito », che pagherà caro per il rimborso ;
lo stato Jugoslavo dovrà colpire le spese sociali e l’impiego pubblico.
L’espressione « aiuto » non sarà anche sinonimo di «ricatto
» ?
Ecco un esempio che riguarda la vicina Macedonia. Nel giugno scorso, siccome
quella non si sottomette tanto in fretta a tali esigenze, il FMI rompe i
negoziati e sospende tutti gli accordi. Blocca anche « i progetti che non potevano essere legalmente fermati », afferma
il ministro macedone delle Finanze, Nikola Gruevski. I soli progetti che sono
buoni agli occhi del FMI sono quelli che favoriscono i ribelli albanesi
dell’UCK. « Aiuto » = ricatto.
Ancora una volta, niente di tutto questo avviene
per caso. Lo scenario non è improvvisato, come ci spiega questo commento del
settore « Business » dell’agenzia stampa USA UPI : « La costruzione
delle infrastrutture nei Balcani è stata caratterizzata dal carattere politico
degli aiuti internazionali accordati. La guerra della Nato nel 99’ ha distrutto
infrastrutture come la raffineria di petrolio di Novi Sad, la radio -
televisione serba, strade, ponti, ecc. E subito le politiche occidentali sono
state imposte nei piani di ricostruzione, non era una sorpresa, né un fenomeno
a breve scadenza ». Dunque, tre anni più tardi, è chiaro che volutamente
sono stati bombardati obiettivi economici, non militari, e ciò tradotto in un
linguaggio meno ipocrita significa : le bombe della Nato sono state la prima
tappa della privatizzazione - globalizzazione. Quindi, gli jugoslavi hanno
patito più volte per lo stesso obiettivo : 1. Prima l’Occidente ha distrutto le
loro ricchezze 2. Fatto questo, li ha privati del loro lavoro e mezzi di
sussistenza 3. Adesso, farà anche pagare loro una « ricostruzione » il cui
profitto sarà delle multinazionali occidentali.
La guerra e le basi militari … un ottimo affare
Ciò che più ci ha colpiti nel 99’ è stato che la Jugoslavia era il bersaglio
non di questioni umanitarie, ma di una guerra per ricolonizzare. Per annettere
il suo mercato al « gran mercato » delle multinazionali, e per controllare le
sue rotte strategiche. Inoltre quella guerra è stata anche un’operazione « self
- service » per certi dirigenti statunitensi legati alle grandi imprese
produttrici d’armi.
In Kosovo, proprio sopra la rotta del petrolio, gli USA hanno costruito una
gigantesca base militare : Camp Bondsteel.
Un luogo strategico per intervenire nel Medio Oriente, nel caucaso, oppure un
giorno, contro Mosca. Chi ha costruito questa base, chi la gestisce, chi
intasca gli enormi benefici ? Brown & Root Service,una filiale statunitense
dei servizi petroliferi Haliburton, in cui troviamo … Dick Cheney, l’attuale vice - presidente
degli Stati Uniti.
Brown & Root, specializzata nelle
forniture all’esercito degli Stati Uniti, ha assunto importanza nel 92’ quando
Dick Cheney, allora segretario alla Difesa del governo Bush senior, gli ha
conferito il contratto per il sostegno logistico alle operazioni all’estero
dell’US Army. Tra il 95’ e il 2000, Cheney lascia la politica ed entra nela
Haliburton Corporation. La fornitura di quest’impresa s’è impennata
paralleleamente alla escalation del militarismo degli USA.
Nel 92’ B&R costruisce e gestisce le basi dell’US Army in Somalia, e
guadagna 62 milioni di dollari. Che diventano il doppio nel 94’ : 133 milioni
di dollari per costruire installazioni militari in Ungheria, Croazia e Bosnia.
Ma è Campo Bondsteel che diventa la « perla » del contratto, come spiega Paul
Stuart …
« A Camp Bondsteel, è B&R che
fornisce tutto : 2.500 m³ d’acqua al giorno, elettricità suffciente ad una
città di 25.000 abitanti, lavanderia per 1.200 ceste di biancheria, 18.000
pasti al giorno, il 95% dei
collegamenti ferroviari ed aerei, più il servizio antincendio. Con 5.000
dipendenti albanesi kosovari e 15.000 venuti da fuori, B&R è il primo
datore di lavoro del Kosovo ».
Lo conferma David Capouya, il suo direttore : « Noi qui facciamo di tutto, tranne che portare un fucile ».
Effettivamente, la ditta di Houston fornisce tutto, dalla colazione ai ricambi dei blindati.
Sicchè la guera ingrossa direttamente il
portafoglio del signor Cheney.
Anche l’occupazione dell’
Afghanistan ha procurato dei gustosi contratti a B&R, e nei balcani, è
sempre questa società che ha realizzato gli studi preparatori dell’autostrada
greca Egnatia (il prolungamento del Corridoio 10). Così come gli studi per
l’oleodotto nordamericano Bulgaria -
Macedonia - Albania descritto in precedenza.
L’amministrazione Bush pratica veramente il self - sevice con un’ impudenza
record.
Perché USA e Germania sono accusati di essersi appoggiati a razzisti e
criminali ?
Per prendere i controllo delle rotte strategiche
balcaniche, Washington e Berlino avevano bisogno di forze locali su cui
appoggiarsi per evitare di fare la guerra troppo direttamente.
Chi le ha scelte ed armate ?
- Per la Croazia, è stato il gruppo
razzista intorno a Tudjman. L’uomo che riscriveva in modo revisionista la
storia della seconda guera mondiale. Un Le Pen croato che si fregiava del fatto
che sua moglie non era « né ebrea né serba ».
- Per la Bosnia, è stato il
nazionalista islamista Izetbegovic. Per lui«non c’era coesistenza possibile tra la
religione islamica e le istituzioni sociali e politiche non islamiche ».Quello che non si è fatto scrupoli di sparare su musulmani, a Bihac e a
Sarajevo. Questo fanatico è stato anche ribattezzato « democratico » ed «
antifascista ». Ma ora che il vento è cambiato, riconosce - molto discretamente
- che Washington ha inviato una gran quantità di mujaheddin dell’organizzazione
di Ben Laden.
- Per il Kosovo, lo strumento è stato
l’UCK, un’organizzazione separatista e razzista, che ha provocato la guerra (è
proprio scritto nei suoi documenti) per imporre una « Grande Albania » etnicamente pura.
L’inviato speciale degli USA nella regione, Robert Gelbard, aveva dichiarato a
più riprese, nel febbraio del 98’ alla stampa internazionale : « L’UCK è senza alcun dubbio un gruppo
terrorista ». Così come aveva confermato il ministri degli affari esteri
USA : « Responsabili dell’UCK hanno minacciato dei paesani d’incendiare le loro
case se non si fossere uniti ai loro ranghi. La minaccia dell’UCK assume tali
proporzioni che gli abitanti di sei villaggi della zona di Stimlje si preparano
a scappare ».
Malgrado tutto, tre mesi dopo la Nato diventava la forza aerea dell’UCK «
terrorista ». E la morale degli Stati Uniti, che pretendono d’imporre la guerra
dappertutto in nome della lotta al terrorismo ?
Ancora oggi si sforzano di utilizzare certi terroristi islamici, per esempio i
ceceni.
Il Kosovo “Natoizzato”: pulizia etnica, terrore e mafia
Quali sono oggi le conseguenze? Ebbene, come
abbiamo mostrato nel film “I dannati del Kosovo”, in questa
regione c’è stata, e c’è ancora, una pulizia etnica, ci sono terrore e mafia.
La soluzione di un conflitto locale non è per niente vicina, ma si è allontanta
del tutto. Una vera pulizia etnica ha cacciato dal Kosovo la maggior parte dei
non - albanesi: serbi, ebrei, rom, musulmani, turchi, gorani, egizi, ecc.
…Tutte queste etnie sono state sistematicamente espulse col terrore: attentati
dinamitardi, assassinii, distruzione delle loro case, minacce costanti …
230.000 hanno dovuto rifugiarsi in Serbia, Montenegro, Macedonia o altrove.
Quelli che restano, sono bloccati dentro piccole enclavi - ghetto da cui non
possono uscire che raramente, e sotto scorta delle truppe della Nato.
Questa “pulizia” è stata limitata al periodo che ha seguito l’immediato
dopoguerra?
Qualcuno vorrrebbe farlo credere. Ma in seguito
alle rivelazioni del nostro film “ I dannati del Kosovo”, un
giornalista ha intervistato Genève Niurka Pineiro, portavoce
dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che dipende dall’ONU.
Ella conferma: “Continuiamo a registrare intimidazioni e molestie quotidiane, ed
attacchi di una violenza estrema, sovente mortali, più che numerosi”. Certi difensori della Nato pretendono che le cose siano sul punto di
aggiustarsi, ci sarebbero meno morti che all’inizio. In effetti è così, ma
perché ? Pur correndo il rischio di sembrare cinici, il vero motivo è che la
maggioranza dei membri delle minoranze sono scappati, e il resto .. è morto !
Infatti, la situazione non è migliorata per niente, riconosce lo stesso
portavoce dell’ONU : « Le minoranze
restano vulnerabili agli attacchi (..) la libertà dei movimenti rimane il loro
problema chiave, impedendo loro di fare una vita normale (..) Senza libertà di
movimento, l’accesso ai servizi essenziali, all’uso delle strutture civili
(ospedali, scuole, ecc.) rimane estremamente difficile e spesso addirittura
impossibile ».
Riassumiamo. Niente libera
circolazione, niente acceso ai servizi pubblci, né alle scuole, né agli
ospedali, niente occupazione. E soprattutto il terrore quotidiano. Il Kosovo «
Natoizzato » rimane una terra fuorilegge, un’inerno per tutti, compresi molti
albanesi, bersagli dell’UCK.
Il 5 novembre scorso, il governatore ONU del Kosovo, Michale Steiner, ha pure
lui riconosciuto che : « i membri
delle piccole comunità del Kosovo non sono ancora tornati alle loro case, e la
maggior parte di quelli che sono rimasti sul posto vivono in condizioni
inaccettabili »
Il pretesto dell’intervento della Nato
continuerà per sempre?
Perché nei media occidentali e in una certa sinistra non se ne parla?
Nel Kosovo, la Nato ha sposato la regione con la mafia
Perché la natura mafiosa e criminale dei regimi
creati dalla Nato non sono mai stati analizzati ?
Il risoluto, e perciò chiaro James Bisset, anziano ambasciatore canadese in
Jugoslavia afferma:
« Il Kosovo resta una società
fuorilegge, completamente intollerante delle minoranze etniche ed uno deiposti più pericolosi della terra
».
Perché il Kosovo è una terra senza legge? A causa dei pressanti interessi
economici, spiega l’esperto canadese Chossudowsky : « I boss della droga kosovari, albanesi e macedoni, sono diventati le
nuove élites economiche, spesso legate a importanti interessi commerciali
occidentali.
I profitti finanziari dei traffici di droga e d’armi si sono riciclati in altre
attività illegali, come lo sfruttamento della prostituzione ».
Alti responsabili del regime del presidente albanese Berisha sono stati
implicati in traffico di droga e d’armi con il Kosovo. Traffici che hanno
potuto fiorire impunemente malgrado la presenza dal 93’ di un importante
contingente di truppe americane. In questi ultimi anni, questo traffico di droga
ha consentito all’UCK di mettere in campo 30.000 uomini in armi in poco tempo.
« La Nato ha sposato la regione con la Mafia ». E’ quanto confermano i servizi
di polizia europea e in particolare l’Agenzia Criminale Federale di Germania :
« Gli albanesi, al momento, sono il
più importante gruppo per la diffusione dell’eroina in Occidente ».
Si sa che la droga, con le armi e la pubblicità, è uno dei tre settori
economici più importanti dell’attuale società capitalista. Si sa anche che la
CIA ha attivato, un po’ dappertutto sul pianeta, traffci o baratti « armi -
droga - petrolio », e ciò con la complicità dei più importanti gruppi mafiosi.
Il flirt con l’UCK ha numerosi precedenti. La mafia albanese controlla anche il
giro degli aiuti internazionali, riesportati con la corruzione, che intanto
dilaga. In luglio 2002, inchieste dell’Unione Europea hanno scoperto 4,5
milioni di euro su diversi conti a Gibilterra ». Questi soldi erano stati
sottratti all’Agenzia dell’Energia del Kosovo. Non stupirà, quindi, il flusso
quotidiano d’interruzioni della corrente.
Tutte queste frodi sono un’incidente, un fenomeno secondario? O, al contrario,
parte integrante del sistema istituito? Un ufficiale europeo, parlando
nell’anonimato, risponde : « Nei tre
anni scorsi, la comunità internazionale ha buttato nel Kosovo tra i 15 e i 18
miliono di euro, ma non abbiamo ancora costruito le infrastrutture di base ».
Non si tratta di frodi secondarie. La stesa evasione massiccia è avvenuta in
Bosnia, intorno al clan del presidente musulmano Izebetgevovic.
Territori occupati : un’economia artificiale e corrotta
L’economia dei territori sotto amministrazione neocoloniale costituisce un
sistema del tutto artificiale. I numerosi 4 x 4 delle ONG internazionali, così
come le decine di hotel e di centri di servizio costruiti lungo le strade,
possono colpire. Ma nelle enclavi - ghetto delle minoranze, non esiste
ricostruzione, e come si è già detto, il principale datore di lavoro del Kosovo
resta la ditta USA B&R che gestisce la base militare di Camp Bondsteel.
I due protettorati occidentali dei Balcani sono infatti i due « paesi » con il
tasso di ricatto più elevati d’Europa. 57% in Kosovo (footnote 25), 60% in
Bosnia (footnote 26).
Tutto questo significa un’ « inevitabile transizione » o un fenomeno duraturo?
In realtà, l’occupazione di parti della ex - Jugoslavia trasformati in
protettorati è una catastrofe a lungo termine per le popolazioni locali. Lungi
dal decollare, queste economie sono colonizzate. E moralmente pervertite. In
Bosnia, allo stesso modo, l’occupazione militare USA ha creato un sistema di
traffici recentemente bene illustrati dallo scandalo DynCorp. Questa ditta, una
dei più grossi fornitori di servizi dell’esercito USA, aveva inviato in Bosnia
181 impiegati e quadri per la manutenzione degli elicotteri Apache e Blachhawk.
Nel gennaio 2002, uno di questi impiegati, Ben Johnston, ha denunciato le
ignobili pratiche di schiavitù sessuali regnanti nel DynCorp : « Da quando sono arrivato, mi si è parlato di
prostituzione, ma ho impiegato del tempo per capire che si compravano le
ragazze con 600/800 dollari. Io ho detto che questa è semplicemente schiavitù
». Alcune di queste ragazze avevano tra i 12 e i 15 anni. Le denuncie di
Johnston gli costeanno il suo impiego, ma finiranno anche per scatenare
un’inchiesta. Ciononostante l’esercito USA aveva avuto cura d’imporre nel 95’
l’impunità per i suoi soldati e altro personale che, di fatto, sfugge alle
leggi del paese. Pertanto, i colpevoli possono tornare negli USA senza essere
perseguiti. Commento indignato di Christine Dolan, fondatrice della Campagna
Internazionale Umanitaria contro lo Sfruttamento dei Bambini :
« Di fronte a dei dipendenti dei fornitori dell’esercito
USA a letto con la mafia e con bambini come oggetti sessuali, è una sorpresa
sapere che il DynCorp ha potuto mantenere il suo contratto, quando gli Stati
Uniti pretendono di voler mettere fine alla tratta degli esseri umani! ».
Nei fatti, in tutto il mondo, le basi militari USA sono veri
catalizzatori della schiavitù sessuale femminile, organizzata con la mafia
locale. Un documento dell’alto commissariato dell’ONU per i diritti umani,
spiega che la Bosnia nel dopoguerra è diventata un’importante crocevia del
traffico di donne. Il documento non fa menzione, beninteso, dei legami con la
base militare della Nato a Tuzla, dove vivono migliaia di uomini. Ma spiega il
capo islamico Mrisada Siljic : « Come
si fa a pensare a 20.000 giovani senza donne per un anno? ». Già nel
95’, il New York Times titolava in modo eloquente « Tuzla : arrivano gli americani. La prostituzione, la droga e l’AIDS,
anche ».
Il governo Djindjic vuole in tutta fretta far aderire la Serbia alla Nato. Se
questo succedesse, la sorte delle donne di Serbia sarà diversa da quella delle
donne di Bosnia?
L’affare DynCorp non è uno scandalo isolato. Si tratta di un fenomeno classico.
Alla fine della seconda guerra mondiale, i soldati americani hanno spinto
40.000 donne napoletane a prostituirsi, circa un terzo della popolazione
femminile. Durante la guerra d’Algeria, la violenza sulle donne algerine da
parte delle truppe francesi, era usata come arma contro i combattenti del FLN e
la popolazione civile, come si è visto in un recente documentario basato su
numerose testimonianze.
I media occidentali sono ben disposti a dare lezioni sui crimini di guerra
(reali e non) delle nazioni « inferiori ». Di contro, sono generalmente molto
più discreti su questo fatto incontestabile : l’arrivo
degli eserciti delle grandi potenze occidentali è inseparabile dallo
sfruttamento economico e sociale dei popoli occupati, in particolare delle
donne.
« Gli albanesi hanno ammazzato tutti quelli che sono rimasti »
Perché i capi dell’UCK non hanno nessuna intenzione di cercare una soluzione ai
problemi del Kosovo? Perché vogliono proteggere i loro interessi economici
mafiosi. Instabilità e illegalità, per loro sono, indispensabili. Pertanto, la
protezione dell’Occidente a sostegno della strategia razzista e terrorista
dell’UCK, costituisce una vera bomba ad orologeria per i mesi e gli anni a
venire. Ecco perché i capi dell’UCK sono ancora così minacciosi. Per esempio,
Ethem Ceku, ministro dell’ambiente e cugino d’Agim Ceku, capo dei TMK « Corpo
di Protezione Civile » (nuovo nome delle milizie UCK integrate nell’attuale
apparato dello Stato). Inizio 2002, egli dichiara pubblicamente : « I serbi che tentano di tornare senza
autorizzazione nel Kosovo saranno respinti con la forza necessaria ».
Una minaccia presa molto sul serio da Everett Erlandson, poliziotto in pensione
di Chicago, ed oggi in servizio a Pristina con le forze ONU : «Loro, gli internazionali, hanno lasciato il Kosovo, gli albanesi sono
tutto quello che rimane ».
Ma gli Stati Uniti hanno
intenzione di lasciare il Kosovo? O per lo meno di mostrarsi più severi verso i
terroristi ? La recente « evasione » di Florim Ejupi prova il contrario.
Come evadere senza
problemi da una base militare USA …
Chi
è Florim Ejupi? Un uomo dalle mani coperte di sangue … Il 16 febbraio 2001,
terroristi albanesi facevano esplodere una bomba comandata a distanza al
passaggio di un’autobus serbo della linea Nis - Gracanica: 11 morti, 40 feriti.
“C’erano fumo e sangue dappertutto”, racconta
la giornalista Gorica Scepanovic, età 25 anni, “chi è sopravvissuto all’attentato rimarrà segnato da quest’esperienza
orribile”. Per una volta, l’inchiesta ottiene qualcosa. “Nonostante la si sia accusata di lentezza, si è trattato di un buon
lavoro di polizia”, ha dichiarato la britannica Derek
Chappell, portavoce della polizia dell’ONU.
Vengono arrestate quattro persone, tra cui due
ufficiali del « Corpo di Protezione Civile del Kosovo » (l’ex UCK), ma ne viene
imprigionato uno solo, Florim Ejupi. Siccome la polizia dell’ONU supponeva che
avrebbero tentato di liberarlo con la forza, lo si trasferisce dal Centro Detentivo
di Pristina alla base USA di Camp Bondsteel.
Sembrava una buona idea, a credere alla descrizione della base fatta
dall’esperto militare canadese Scott Taylor : « Piazzata sulla cima di una collina, quest’impressionante struttura - 40 Km.² -
è una vera fortezza. Completamente roteata da tre file di filo spinato,
con perimetri di protezione molto larghi, torrette d’osservazione e fotocellule
dapertutto ». Ma nonostante tutti questi ostacoli, Ejupi è uscito
tranquillamente da Camp Bondsteel nel maggio 2002, prima d’essere giudicato.
La reazione indignata dello stesso poliziotto britannico Chappell : « Gli americani ci hanno detto che lui aveva
trovato un oggetto metallico in una torta agli spinaci… Proprio così, non
invento niente ».
C’è di che indignarsi. Come può un prigioniero che indossa una tuta arancio,
scappare tranquillamente in mezzo a circa 5.000 soldati statunitensi, che
l’abbiano lasciato andare di proposito?
L’UCK: improvvisa metamorfosi o truffa commerciale?
Sono supposizioni esagerate? Sono solo i serbi e
le altre minoranze etniche ad accusare gli Usa di proteggere i criminali? No.
Il generale Klaus Reinhardt, comandante delle truppe Nato del Kosovo fino al
marzo 2000, sbotta così: “Gli americani si fidano troppo della lealtà delle truppe dell’UCK. Gli
estremisti albanesi che sono stati arrestati dalla KFOR sono stati rilasciati
velocemente. Se la KFOR avesse potuto agire contro gli estremisti, la
situazione in Macedonia non sarebbe così degenerata”.
Se ci si permette di criticare così i “cari alleati” è a causa della sempre più
forte rivalità Washington - Berlino nei Balcani e nel mondo. Sullo sfondo della
crisi dell’economia “globale”.
Per questo è il settimanale tedesco Der Spiegel - non la
stampa USA - che ci spiega che i dirigenti dell’UCK non erano per niente quelli
che ci avevano descritto. Il 21 settembre scorso, lo Spiegel intervistava Bujar
Bukoshi, un tempo « primo ministro » dei kosovari albanesi in esilio : « Dopo la guerra, le eliminazioni più crudeli
sono avvenutre tra albanesi. Con il pretesto che si trattava di « collaboratori
», i dirigenti dell’UCK hanno liquidato i loro avversari politici ».
Secondo l’inchiesta dello Spiegel, « un vecchio comandante dell’UCK avrebbe arruolato un criminale di guerra
per assassinare Ekrem Rexha, anche lui un vecchio capo dell’UCK ». Rexha
preparava un libro sui crimini di guerra compiuti in Kosovo, in particolare
quelli dell’UCK.
I rifugiati serbi del Kosovo sono diventati i palestinesi d’Europa
Perché non l’hanno detto? I leaders dell’UCK erano
angeli quando la Nato se ne serviva per distruggere la Jugoslavia? Oppure erano
già dei “terroristi”, come li aveva definiti l’inviato speciale degli USA nella
regione?
Questo viene raccontato solo ora perché Washington e Berlino sono sempre più in
conflitto sui corridoi energetici dei Balcani e su un sacco d’altre cose. Ma
non si tratta di una metamorfosi dell’UCK. Semplicemente, le grandi potenze
hanno nascosto la verità perché avevano bisogno dei suoi servizi.
Il dramma del Kosovo aggiunge discredito alla Nato e all’attuale governo serbo.
Non solo non si muove nulla circa il rientro dei 230.000 rifugiati serbi ed
altri espulsi dal Kosovo, che sono diventati i palestinesi d’Europa. Ma in più,
gli amministratori occidentali dirigono la missione ONU sforzandosi di
smantellare … la sola zona del Kosovo che resta popolati di serbi. La parte
nord della città di Kosova Mitrovica. Il numero degli albanesi nella zona è
relativamente limitato, circa 5.000 persone. Troppo pochi in confronto ai
230.000 espulsi delle altre etnie. Ma il loro ritorno è la priorità assoluta
dell’amministrazione ONU.
Alcuni reclamano addirittura un
atteggiamento ancora più aggressivo contro i serbi. Per esempio l’Internationl
Crisis Group, un gruppo di pressione della CIA finanziato dal miliardario USA
G. Soros. Secondo questa lobby, che comprende Louise Arbour, ex procuratore
all’Aia e Wesley Clark, il capo dei bombardamenti della Nato nel 99’: “L’ONU e le truppe della KFOR dirette dalla
Nato devono imporre la loro autorità su Mitrovica. Il nuovo governatore
del Kosovo, Michael Steiner, ha annunciato nuovi arresti di serbi”.
Kosovo : « Grande Albania » e nuova Israele ?
All’inizio, il Kosovo faceva parte della
Jugoslavia, secondo la risoluzione dell’Onu che ha messo fine alla guerra. Ma
allora come oggi, gli USA non considerano risoluzioni che quelle che servono i
loro interessi. Numerose pubblicazioni attuali dei media USA preparano la loro
opinione pubblica all’indipendenza del Kosovo. Era la promessa fatta dal «
matrimonio » con l’UCK. L’opzione della separazione pura e semplice è suggerita
da una commissione che si autodefinisce indipendente, ed è composta da qualche « esperto » tra cui
Robertson, segretario genrale dell’ONU.
Ma le potenze europee non sostengono quest’indipendenza. Sanno che Washington
cerca di creare un’Israele nei Balcani. Uno stato che gli dovrebbe tutto e che
potrebbero usare come portaerei.
Detto ciò, gli Stati uniti cercano davvero di arrivare a quest’indipendenza ?
Senza dubbio non è così. La strategia della tensione gli è utile. Il
mantenimento del conflitto - e delle sue sofferenze - gli serve per
giustificare i mantenimento delle loro basi militari. E’ incoraggiando la
politica del terrore che incoraggia gli altri separatismi nelle regioni vicine.
Il Montenegro e la Macedonia sono ugualmente convolte dall’UCK. Ma il primo
attacco sarà forse in un territorio del sud - ovest della Serbia. Non si parla
di guerra, ma il Sangiaccato potrebbe essere una nuova Bosnia.
Domani il Sangiaccato?
Un istituto filo - occidentale specializzato nelle questioni balcaniche,
l’International War and Peace Report, conferma : « I serbi stimano che circa mille dei loro hanno lasciato la città di
Novi Pazar negli ultimi anni ».
Le insegne « Si vende » appaioni quasi ogni giorno sulle case e le terre
serbe. Si stima che l’esodo è stato accelerato dal partito SDA, a preminenza
musulmana, che ha revocato i direttori serbi delle imprese pubbliche e delle
amministrazioni locali. La percentuale serba nella popolazione si sarebbe
abbassata dal 22% al 17% (N.B. Un esodo simile, ma più massiccio si era
prodotto in Kosovo negli 70 e 80).
Nel giugno scorso, il Consiglio Nazionale Bosniaco del Sangiaccato legato al
partito musulmano ha dichiarato : « Non
abbiamo ragione d’integrarci alla Serbia o al Montenegro, o alla comunità
internazionale, il Sangiaccato deve diventare un’entità territoriale separata
».
Il Sangiaccato s’infiammerà a sua volta? Dipende. Come in Bosnia e nel Kosovo,
gli Stati uniti getteranno benzina sul fuoco se hanno delle pedine da manovrare
sullo scacchiere. In ogni caso, il quotidiano serbo Vecernje Novosti, suona
l’allerta : « Presto le passeggiate e
i caffè del Sangiaccato saranno divisi e tutto avverrà più in fretta che in
Bosnia, scatteranno i primi incidenti armati : gli assassinii politici. Se le
autorità non fanno niente, il Sangiaccato s’incendierà da qui ad un anno
».
Perché questo silenzio degli intelletuali occidentali?
Qui, in Occidente, una cosa dovrebbe insospettire:
il silenzio dei media. Avevano presentato come una benedizione il cambio di
regime dell’ottobre 2000. La sostituzione di Milosevic con partiti filo -
occidentali era la porta aperta per un futuro più o meno felice. Kostunica era
l’uomo presidenziale. La Nato stava per risolvere il problema del Kosovo …
Questa analisi era esposta dagli intelletuali “mediatici”. Appena due anni
dopo, la maggioranza dei serbi rifiuta di pronunciarsi nelle elezioni
presidenziali, e questo non suscita nessun commento, nessuan analisi dei media
occidentali. Amnesia?
O si rifiuta di dibattere da una posizione che sarebbe confutata nella pratica
?
Dopo l’Afghanistan e l’Irak, di fronte alla guerra globale, è ora di fare il
bilancio catastrofico di ciò che gli USA hanno fatto nei Balcani. E’ la
paralisi delle posizioni del tipo « Né
Bush né Saddam », « Ne Bush, né
Milosevic », « Né la Nato né
Milosevic », « Né Sharon né
Arafat ». Dopo 12 anni, questa posizione dominante nella sinistra
intellettuale europea condanna il movimento contro - la guerra alla passività.
Perché mette sullo stesso piano l’aggressore e l’aggredito. Se sono tutti
malvagi allo stesso modo, non c’è
ragione di far smettere l’aggressione.
Il « Nè, nè », è il cancro del movimento contro la guerra. Bisogna
finirla. Non è saddam o Milosevic che minaccia il mondo intero, è Bush. Non
sono la Jugoslavia o L’Irak che
quotidianamente condannano a morte 35.000 bambini del terzo mondo, sono
le multinazionali.
Gli USA minacciano la pace in tutto il
mondo. Anteponendo i rimproveri, veri o no, degli stati che gli resistono, si
fa soltanto il gioco degll’aggressione. Non sta ai governi occidentali decidere
chi deve dirigere tal o tal altro paese del terzo mondo e secondo quali
interessi. Sta ai popoli di quei paesi decidere. Ma se si lascia Washington occupare
queste regioni, nessuna lotta sociale o democratica diverrà più facile, sarà il
contrario. Ci guadagnano soo le multinazionali
(Vedi il nostr testo « La malattia del
« né, né » : cancro del movimento contro la guerra »).
Che rabbia e sofferenza si trasformino in forza
Perché abbiamo scritto quest’articolo? Per
analizzare un problema del passato che non si può più mutare? No, per mettere
in guardia: quello che gli USA hanno combinato nei Balcani, stanno per rifarlo
in Irak. E poi, verrà il turno dei paesi che rifiutano di mettersi in ginocchio
di fronte alla mondializzazione: Iran, Corea, Cuba, Venezuela, Congo,
Palestina, Colombia e molti altri …
Perché è importante continuare a parlare della Jugoslavia e di continuare a
sostenere la lotta di questo popolo? Per 5 ragioni.
La disinformazione servirà ancora per giustificare le numerose guerre future.
Perché è cruciale ripetere il sonnomediatico che ha giustificato la guerra
contro la Jugoslavia. L’aggressione della Nato era una privatizzazione con le bombe.
Oggi, la popolazione perde il proprio lavoro, il potere d’acquisto, la sanità.
Aiutarli a sviluppare la loro resistenza fa parte della lotta anti -
mondializzazione. Se subisce, sarà inflitta a tutti i popoli dei paesi che
presto saranno aggrediti.
Ciascuno ha il dovere morale di sostenere il diritto di migliaia di profughi
cacciati dalle
proprie case del Kosovo. Proprio
come quelli della Palestina. Al momento, la Nato estende
le sue grinfie sull’Europa dell’Est
e sui Balcani, al momento 188 intellettuali sloveni
vogliono un referendum
sull’integrazione del loro paese in quest’alleanza militare,
sottolineando l’idea che “rifiutare
la Nato è rifiutare il mondo, una pericolosa
manipolazione dell’opinione
pubblica”. Al momento è importante mostrare tutto il
catastrofico bilancio della Nato
nel Kosovo e i suoi veri e premeditati obiettivi
In Irak, come in Jugoslavia, gli USA elaborano piani per scagliare le
nazionalità e
le regioni una contro l’altra per
provocare la guerra civile ed il caos. Dopo aver preso il
controllo dell’Irak, Bush se ne
servirà come base per destabilizzare e controllare la Siria e
l’Iran e tenere d’occhio l’Arabia
Saudita. Tutti i grandi paesi petroliferi potranno essere
spezzettati in mini - stati più
facili da colonizzare.
Il
Medioriente e anche il Caucaso saranno « balcanizzati »: sbriciolati con la
formula che
ha funzionato in Jugoslavia. Se
si lascerà fare di nuovo in Irak, i rapporti di forze sul piano
globale si altererà. Ogni volta
che Washington riesce a bruciare uno stato che gli resiste, si
pone in condizione più
favorevole per attaccare il seguente.
4. Per unire il popolo resistente alla mondializzazione e alle sue
guerre, è importante isolare
completamente la strategia degli
Stati Uniti. Molti arabi e musulmani affermano con forza
che la guerra contro la Jugoslavia
era condotta allo stesso modo che contro l’Irak ed i
palestinesi. Gli USA, che
massacrano i musulmani in Palestina ed Irak, non possono essere
loro amici in Bosnia e nel Kosovo.
Anche i musulmani sono vittime della pulizia etnica
organizzata dall’UCK con la complicità di Washington.
In Irak, come in Jugoslavia, l’esercito USA bombarderà di nuovo stabilimenti
chimici e di
nuovo userà le nuove e terribili
armi all’uranio. Provochera di nuovo cancri, leucemie e
malformazioni mostruose. Di
nuovo per le popolazioni locali, ma anche per i soldati
occidentali che interverranno.
Un recente rapporto dell’ONU (Isnstute for Energy and
Environmental resarch),
sottolinea che « questi atti in
Jugoslavia hanno provocato gravi
conseguenze a lungo termne
sull’ambiente e la sanità » in particolare per la liberazione
massiccia di PCB e di mercurio.
Il rapporto mette in guardia esplicitamente contro la
ripetizione in Irak della
violazione di tali convenzioni internazionali.
Non dimentichiamo la Jugoslavia, non
dimentichiamo quelli che hanno resistito al FMI e alla Nato.
Quello che sopportano è un’avvertimento per tutti i paesi che gli
USA si apprestano « a conquistare ».
Che le loro sofferenze si trasformino in
forza per bloccare le aggressioni già programmate.
Traduzione a cura di Flavio Rossi - Associazione “SOS
Yugoslavia”, Torino