Questa breve ma precisa
analisi, ci è stata preparata da R. Milosavljevic, in seguito all’ultimo
viaggio ed all’incontro con lei avuto sulla situazione dei lavoratori.
Seguiranno altri lavori a breve. ( E.V.)
Serbia: non si intravede la fine della crisi
Per molti rappresenta probabilmente una sorpresa il fatto che la nostra
economia continua a trovarsi in uno stato di profonda recessione, le cui
conseguenze sopportiamo con sempre maggiore difficoltà, sia perché la crisi
dura da molto tempo, sia perché di essa non si intravede la fine.
E’ stato un approccio evidentemente sbagliato pensare che la stabilizzazione e
la liberalizzazione a livello macroeconomico, così come un veloce processo di
privatizzazione, avrebbero risolto tutti i problemi. Purtroppo gli euforici
annunci di riforme, così come le grandi promesse di un miglioramento del
livello di vita, non si sono realizzati. Nemmeno nel terzo anno delle
annunciate riforme l’economia si è messa in moto. I risultati economici sono
decisamente negativi e né i cittadini né gli operatori economici possono più
sostenere la terapia – shock neoliberale. La produzione industriale per i primi
sette mesi ha avuto un crollo del 3,5%, quella agricola una recessione del 10%,
il deficit del commercio estero per gli scorsi 30 mesi ha raggiunto i 9.215 miliardi di dollari, il
nostro debito pubblico alla fine di agosto ha toccato i 13,5 miliardi di
dollari, siamo caduti in uno stato di schiavitù da indebitamento e l’economia
stagnante non sarà in grado di far fronte a impegni che hanno superato la somma
della produzione nazionale lorda.
Sono disoccupate 968.250 persone, 1.282.049 sono occupate e lavorano in media
3,5 ore, e 194.779 lavoratori lo scorso mese non hanno ricevuto lo stipendio.
LO SFRUTTAMENTO DELLE CAPACITA’ PRODUTTIVE
Lo sfruttamento delle capacità produttive è inferiore al 40 per cento, e l’80
per cento delle attrezzature è antiquato. Il tasso di crescita economica anche
quest’anno difficilmente supererà l’uno per cento, e secondo il calcolo degli
esperti ci saranno necessari 30 anni per raggiungere il livello del 1989. In
particolare 34.208 imprese devono cadere in fallimento, ed altri 468.000
lavoratori rimanere senza impiego. Secondo le ricerche degli esperti, il 74 per
cento dei cittadini vive con una quota compresa tra l’uno e i due dollari al
giorno, e di essi il 32% si trova in uno stato di povertà grave. Sulla Serbia
incombe un’esplosione sociale simile a quella avvenuta in Argentina, lodata dai
burocrati internazionali per dieci anni, finché non è avvenuto il
tracollo economico. Al posto di uno sviluppo economico abbiamo ottenuto una
recessione da transizione, una drastica caduta degli standard di vita, la
crescita dei debiti e del deficit ed un’economia non liquida.
Lo stato dell’economia è drammatico. Le ricerche mostrano che solo il 17,7 per
cento dei giovani vuole rimanere in patria, gli altri vogliono andarsene. Gli
esperti continuano ad avvertire che è l’ultimo periodo utile per poter compiere
qualcosa di più serio nel cambiamento
di questo stato. Detto in gergo sportivo, quando i risultati non arrivano
bisogna cambiare la squadra e il gioco;
significa che bisogna portare a termine due elementi chiave, cioè cambiare il
concetto di riforma e cambiare le persone.
Purtroppo in questo momento non c’è né la possibilità né la voglia di muoversi
in questo senso, o perlomeno di raggiungere un consenso nazionale su una
propria strada alle riforme, che costruirebbero un sistema economico volto ad
uno sviluppo in cui con la privatizzazione si arriverebbe ad una liquidazione
delle sostanze. La scena politica cupa e molto instabile è quotidianamente
aggravata da controversie tra i partiti, da un lavoro esacerbato del
parlamento, da scandali ministeriali, da frequenti scioperi dei lavoratori a
causa dell’illegale attuazione della privatizzazione; è un ambiente che non
permette alla forze politiche progressiste di preparare una svolta più radicale
nella qualità delle riforme e dello sviluppo economico.
E mentre le parti politiche e i sindacati
patteggiano reciprocamente il profitto della propria esistenza, continua
lo sfacelo economico, e di questa crisi non si vede la fine.
Ružica Milosavljević
(ex Segretaria Sindacato Samostalni Zastava Kragujevac)
Trad. a cura di Elisa Marengo