Lavoro minorile / Una ricerca dell'Istat
144 mila lavoratori under 14 in Italia
In
Italia lavorano 144.000 ragazzi tra i 7 e 14 anni e 31 mila di essi possono
definirsi letteralmente sfruttati. L’Istat non fa sconti e mentre la Fao
discute di fame nel mondo (e di bambini costretti a lavorare in condizioni
disumane) rivela – e non è la prima volta – che la piaga del lavoro minorile
(che andrebbe più propriamente chiamato “infantile”) infetta anche un paese
ricco dell’occidente. Fatte, ovviamente, le debite differenze e le debite
specificazioni. Nella sua ricerca, realizzata col ministero del Lavoro e
presentata in occasione della prima giornata mondiale contro il lavoro
minorile, l’Istat spiega, infatti, che non tutto il lavoro under 14 va
considerato illegale. Bisogna distinguere tra i lavori veri e propri e i
lavoretti fatti dai ragazzi spesso a casa e continuando a studiare. I dati,
comunque, non vanno sottovalutati se ci dicono che l’11,8% di questo piccolo
esercito di lavoratori ha prestato la propria attività in una fabbrica o
cantiere. Un ambiente certo non salubre per un ragazzo di 14 anni.
Secondo la ricerca possono essere considerati economicamente attivi (con lavori
quindi anche all'interno del nucleo familiare o comunque parziali o stagionali)
12.168 bambini tra i 7 e i 10 anni, 66.047 tra gli 11 e i 13 anni e 69.070
ragazzi di 14 anni. Sulla media della popolazione dell'età corrispondente
lavorano circa 3,1 ragazzi: 0,5% del totale dei ragazzi tra i 7 e i 10 anni, il
3,7 tra gli 11 e i 13 anni e l'11,6% dei quattordicenni. I dati raccolti,
riferiti al 2000, sono in linea con le stime calcolate dal' Ilo (ufficio
internazionale del lavoro) per i paesi sviluppati (2%). Possono, invece, essere
considerati “sfruttati”, 31.500 bambini, lo 0,66% dei ragazzi nella stessa
fascia d’età. I più sfruttati, secondo l’Istat, sono i quattordicenni, il 2,74%
del totale.
Generalmente, il primo contatto dei giovani con il mondo del lavoro avviene
grazie a un’occupazione stagionale (il 71,7%), quasi sempre per meno di 3 mesi
l’anno (82,6% dei casi). Solo il 12,6% dei giovani interpellati ha “confessato”
di non essere andato a scuola per lavorare. Ma cosa fanno i ragazzi? Quasi un
quinto lavora in bar, ristoranti e alberghi; seguono i negozi (14,9%) e la
campagna (14,1%). L’11,4% dei ragazzi lavora in casa propria, il 9,6% presso
parenti e altre persone. *
Più alte, ovviamente, le percentuali dei lavoratori tra i 15 e 19 anni. Sono
334.000, il 10,8% del totale: un ragazzo su dieci. Queste presenze sono
particolarmente alte in Trentino Alto Adige (26,9%), Veneto (18,5%) ed Emilia
Romagna (18,7%). Molto basse, invece, le percentuali nel Lazio nel Lazio (5,4%)
in Calabria (5,3%) e in Sicilia (6,4%). Gli occupati under 19 hanno nel 69,2%
dei casi soltanto la licenza media e per il 7,8% la licenza elementare. Un dato
preoccupante: il basso titolo di studio di chi, anche per necessità, sceglie di
lavorare così presto potrebbe rendere nel futuro alcune di queste figure
professionale obsolete sul mercato del lavoro. Non va poi dimenticato che, se è
vero che avere un’occupazione sopra i 15 anni è perfettamente legale, ai
minorenni la normativa garantisce tutele speciali. La legge 977/67, per
esempio, vieta i lavori faticosi e insalubri ai minori di 16 anni e i ragazzi
tra i 15 e i 18 anni non possono lavorare più di 8 ore al giorno e più di 40
ore a settimana.
La ricerca è stata presentata da Istat e ministero del Lavoro in occasione
della prima giornata mondiale contro il lavoro minorile. “Nonostante l’impegno
dei governi e dei loro interlocutori per combattare il lavoro minorile in tutto
il mondo – ha detto recentemente Juan Somavia, direttore generale dell’Oil
(l’Organizzazione internazionale del lavoro) – il problema è tuttora
gigantesco. I progressi compiuti sulla via dell’abolizione effettiva sono
considerevoli, ma la comunità internazionale non deve dare tregua ai suoi
sforzi”. Secondo il rapporto globale dell’Oil (“A future without child labour”)
sono 246 milioni i ragazzi dai 5 ai 17 anni costretti al lavoro. Tra di essi,
179 milioni svolgono mansioni pericolose per la salute fisica, morale e mentale.
Davvero allarmanti gli altri dati: circa 111 milioni di bambini sono costretti
a lavori pericolosi, 59 milioni di giovani tra 15 e 17 anni avrebbero urgenti
necessità di protezione e 8,4 milioni di essi sono sottoposti a: schiavitù,
schiavitù per debito, lavori forzati, prostituzione,. Il maggior numero di
bambini tra i 15 e 24 anni lavora nella regione Asia-Pacifico (127 milioni, il
60% del totale), Africa subsahariana (23%), America latina e Caraibi (8 per
cento).
Nel 2001 l’Oil ha avviato il suo primo programma sul lavoro minorile con una
scadenza: l’obiettivo è quello di eliminare le forme peggiori di lavoro
minorile in un paese e in un tempo determinato, tra 5 e 10 anni. I primi tre
paesi beneficiari del programma sono El Salvador, Nepal, Tanzania e interessa
100.000 bambini. “L’abolizione effettiva del lavoro minorile – ha dichiarato
Somavia – è una delle missioni più urgenti del nostro tempo. Occorre farne un
obiettivo universale”. Saranno altrettanto consapevoli governi e organizzazioni
di imprenditori?
(12 giugno 2002)