da Coordinamento RSU
Nuovo modello
contrattuale - Confindustria si muove .....
La
Giunta di Confindustria del 22 settembre 2005 ha varato le proposte sui
contratti e le relazioni industriali, in vista della revisione del patto del
`93 e del confronto con il governo e i sindacati.
La
sostanza del documento Confindustriale, come era da attendersi, ruota tutta
attorno alla proposta di un nuovo «patto costituzionale» tra le parti sociali,
che si baserebbe su «un approccio più partecipato e all'insegna della concertazione».
Il presidente Luca Cordero di Montezemolo ha immediatamente detto che su questa
proposta chiederà già nei prossimi giorni «un incontro a governo e sindacati».
Un
incontro che Montezemolo non otterrà facilmente, non solo perchè c'è una legge
finanziaria alle porte e perchè il governo è in pieno caos di equilibrio
interno, ma anche perchè la Cgil, con il Congresso alle porte e con la
sua tattica di rinviare comunque tutto ad una nuova fase politica che permetta
diversi interlocutori al Governo, non nasconde la sua indisponibilità a
muoversi subito. D'altra parte anche Cisl e Uil non sembrano fremere per una
accellerazione. Ciò non di meno, da parte sindacale, non viene respinta al
mittente la richiesta di arrivare prima o poi alla rinegoziazione del vecchio
23 luglio (per altro già superato, in peggio, dalla recente pratica negoziale)
Comunque
..... il documento di Confindustria sul nuovo modello contrattuale comincia a
fare capire cosa si aspettano i padroni dall'apertura del confronto con i
sindacati.
Le
premesse sono scontate, a partire dal grido di dolore ... per un paese che «sta
attraversando una delle fasi più difficili della sua storia». Un grido do
dolore che si articola poi in un elenco dei problemi che nascono essenzialmente
(ma guarda un po) dall'alto costo del lavoro rispetto alla produttività......
".... negli ultimi 10 anni il costo del
lavoro per unità di prodotto nell'industria è cresciuto del 23% in Italia,
mentre quasi non è aumentato in Germania (1,4%) e in Francia è diminuito (-9%).
Nel contempo, dal 2000 a oggi, la produttività nell'industria è cresciuta del
10% in Germania, del 12% in Francia, diminuendosi in Italia dell'1,4%. Dati
che, insieme alla crescita delle retribuzioni, si ripercuotono sulla quota
delle nostre esportazioni sui mercati internazionali, scesa dal 4,6% del 1995
al 3,1% del 2004"....
Come
risolvere tutto ciò? Recuperando sul fronte dell'efficienza ovviamente, e da
qui partono le richieste per una maggiore flessibilità su organizzazione del
lavoro ed orario, e per un salario in cui la parte variabile, quella legata
all'andamento dell'azienda e alla maggiore produttività offerta dai lavoratori
diventi preponderate rispetto alla quota fissa di salario. Inoltre, si chiedono
interventi pubblici per ridurre il cuneo fiscale e incentivare ricerca e
innovazione.
La
parola chiave è dunque «flessibilità». Confindustria chiede che «la
contrattazione collettiva assicuri alle imprese una maggiore quantità
complessiva di ore da distribuire nell'arco della settimana, del mese,
dell'anno, secondo le esigenze del mercato», così come «vanno adeguate alle
differenti esigenze produttive la durata media e la durata massima settimanale
degli orari, lo straordinario, le deroghe in materia di pause, lavoro notturno,
etc.». Così ci vuole una «flessibilità delle retribuzioni, con un diretto
collegamento delle erogazioni del secondo livello alla efficienza e
produttività della prestazione, come alla redditività dell'impresa». Ed «è
necessaria la reale variabilità dei premi di secondo livello e una crescita del
loro peso percentuale nella struttura della retribuzione individuale».
Sul
piano della struttura contrattuale, Confindustria ribadisce la necessità di
mantenere gli attuali due livelli, dunque non stravolgendo sul piano formale
l'impianto del patto del `93, ed evitando di forzare la mano ai sindacati,i
quali, sarebbero indisponibili a modifiche formali del modello contrattuale. Al
contratto nazionale verrebbe lasciato quindi il compito dell'adeguamento «dei
minimi tabellari in coerenza con i tassi di inflazione programmata», proponendo
solo la «necessità di rivedere le tempistiche della contrattazione per evitare
sovrapposizione dei rinnovi».
Nel
non aprire scontri formali sui due livelli, gli industriali puntano però a un
sistema delle relazioni più «regolato», con maggiori certezze sul rispetto di
quanto concordato. Per questo chiedono di rivedere le «regole pattizie che
disciplinano la rappresentanza dei lavoratori, in modo da evitare una
vertenzialità continua» (il delegato in naftalina). E, ancora, di «creare le
condizioni perché il ricorso allo sciopero sia l'extrema ratio, definendo nuove regole per la proclamazione e
l'effettuazione delle forme di autotutela» (ossia .. lo sciopero mai più).
Tutto ciò non è cosa di poco conto ma comporta la trasformazione del sindacato
Italiano in qualcosa d'altro. In particolare si pongono le basi per il
definitivo superamento delle Rsu vincolandole all'impossibilità di agire fuori
dalle nuove "regole pattizie" ed in contraddizione con le linee delle
organizzazioni sindacali, e per la definitiva scomparsa di ogni conflittualità
che dovrà essere assorbita in un nuovo sistema di relazioni basato sulla
pratica della conciliazione e dell'arbitrato
Dulcis
in fundum, Confindustria chiede di ridurre del 50% gli oneri sociali sul
salario variabile, eliminare il contributo aggiuntivo sugli straordinari, e gli
oneri così detti impropri (ossia malattia, maternità, infortunio ecc),
scaricandoli sulla finanza pubblica.
Roba
da sciopero generale e subito .... ma da parte sindacale non si muove foglia.
Molto
generica la risposta da parte Cgil la quale non entra neppure nel merito delle
proposte di Confindustria, preoccupata come è di fare di tutto per dilazionare
il più in la possibile l'apertura del confronto, ossia col nuovo Governo di
centrosinistra. Secondo Carla Cantone, infatti, «Confindustria dovrebbe pensare
prima a rinnovare i contratti aperti, a partire da quello dei
metalmeccanici».(grazie).
Ancor
più generica ma esplicitamente disponibile la prima risposta della Uil ...
«Proposte conservatrici, ma siamo pronti a discutere», commenta Paolo Pirani
(Uil).
Ovviamente
un po più decisa e maschia la posizione Cisl, «Documento troppo prudente e
conservatore» afferma Giorgio Santini (Cisl), che insiste poi sulla
contrattazione territoriale, «da attivare quando non è possibile quella
decentrata aziendale».
Manca cioè da parte sindacale l'esatta
comprensione della portata del documento Confindustriale. L'atteggiamento
prevalente è quello di chi pensa che tutto sia riconducibile ad una semplice
operazione di manutenzione del 23 luglio 93 e che la questione si possa
risolvere senza scontri, con un po di tattica e qualche rinvio per arrivare ad
aprire il confronto dopo le elezioni.
Confindustria, più intelligentemente,
va dritta per il suo obiettivo, (anche lei senza apparente fretta) sfruttando
l'assenza di linea da parte sindacale, evitando di aprire lo scontro
sull'abolizione del contratto nazionale (l'unica cosa che la Cgil dice di non
volere) e lasciando aperta la strada ai contratti territoriali (cosa che Cisl
vuole assolutamente), ma smontando di fatto ruolo e sostanza del già manomesso
impianto contrattuale attuale chiedendo che i cedimenti sindacali già ora
realizzati qua e là (e presentati dal sindacato come vittoria, risultati di
tenuta ecc) siano ora consolidati in un sistema di regole contrattuali che li
facciano diventare generali e stabili. E' il caso dell'aumento di peso della
quota salariale variabile rispetto a quella fissa, alla maggiore flessibilità
della prestazione sulla settimana, sul mese, sull'anno ecc. Tutte cose che,
assieme all'aumentata quota di lavoro precario e flessibile rispetto al lavoro
a tempo indeterminato, sta già di fatto facendo saltare la centralità del contratto
nazionale.
Confindustria, intelligentemente,
presenta la cosa come semplice manutenzione del protocollo del 23 luglio
(mantenimento nel CCNL del riferimento all'inflazione programmata o altri
parametri che diano però lo stesso risultato) ma recuperandovi dentro tutti i
cedimenti sindacali di questi anni, facendo diventare questi cedimenti
"sistema". Già questo stravolgerebbe tutto senza che nessuno se ne
accorga nell'immediato.
La vera esplicita forzatura
Confindustriale (il definitivo colpo di grazia ad ogni velleità contrattuale
sindacale) viene svolta con la proposta di negoziare nuove "regole
pattizie" che regolamentino in modo diverso la rappresentatività nei
luoghi di lavoro ed il diritto di sciopero, fino alla codificazione contrattuale
del sistema di conciliazione ed arbitrato che di fatto ridurrebbe il conflitto
sindacale a semplice pratica amministrativa. Cose (e la cosa è preoccupante)
che non sembrano aver scatenato una particolare attenzione sindacale nelle
prime risposte di questi giorni.
Due cose ..........
1.
Nelle prossime settimane si aprirà il congresso Cgil. Il documento di
maggioranza appare ormai chiaramente superato non avendo in se alcuna risposta
(se non generica) alla proposta di Confindustria. L'unica posizione in campo
che almeno si presenta come una articolata controposta al documento
Confindustriale è la tesi alternativa n. 8 di Rinaldini ed altri. Su questa
tesi, per ora si sono schierate la maggioranza della FIOM e la nuova area
programmatica "rete 28 aprile". Lavoro e Società non aveva, fino ad
ieri, ritenuto necessario sostenere questa tesi o presentarne di sue in materia
di politica contrattuale, ritenendo sufficiente (anzi avanzata) la posizione di
Epifani. Ma ora, di fronte al documento di Confindustria la debolezza della
posizione di Epifani appare evidente. Cosa aspetta Lavoro e Società, vista la
situazione, per dichiarare ora (e finalmente) il proprio sostegno all'unica
tesi aternativa presente (quella di Rinaldini) in materia di contrattazione ?.
2. E' chiaro che, a parte qualche pezzo
di organizzazione sindacale confederale (in Fiom e la rete 28 aprile) ed il
sindacalismo di base, nessuno appare oggi disponibile a organizzare e sostenere
una linea diversa dalla riedizione concertativa (in peggio) su cui è evidente che
Confindustria, la maggioranza della Cgil, Cisl e Uil, stanno nella sostanza
confluendo. E' quindi urgente che a partire dalle forze sindacali disponibili
e, sopratutto, dalle RSU, si cominci a mettere in campo una proposta diversa di
politica contrattuale su cui comnciare a discutere e costruire il consenso dei
lavoratori.
24 settembre 2005
Coordinamento RSU