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Un Nuovo Secolo Americano? L’Iraq e le guerre sconosciute
euro-dollaro
parte prima - parte seconda
di F. William Engdahl, US/Germania 31/12/04
Nonostante l’apparente rapido successo militare degli Stati Uniti in Iraq, il
dollaro Americano come valuta sicura di scambio, deve ancora trarne profitto.
Ed è un sviluppo inatteso, dal momento che molti scambisti si erano aspettati
che il dollaro, dalle notizie di una vittoria americana, si sarebbe
fortificato. Invece il capitale sta rifluendo largamente fuori dal dollaro,
nell'euro. Molti si stanno cominciando a domandare se la situazione obiettiva
dell'economia US sia in effetti molto peggiore di quanto la borsa lasci
pensare. Il futuro del dollaro non è certo un problema secondario, di interesse
solamente per banche o commercianti di valuta. Sta al centro della Pax
Americana, o del così detto "Secolo Americano", del sistema di
equilibri con il quale gli US dominano il resto del mondo.
Ora, dopo la fine dei combattimenti in Iraq, anche se il dollaro sta
continuando a perdere terreno rispetto all'euro, Washington, nei pubblici
commenti, sembra che stia peggiorando intenzionalmente la caduta del dollaro.
Quello che sta svolgendosi è un gioco di potere del più alto significato
geopolitico, forse il più fatale dai tempi dall’avvento degli Stati Uniti alla
guida del potere economico mondiale, nel 1945.
Il coacervo di interessi che confluirono nella guerra contro l'Iraq- vista come
necessità strategica per gli Stati Uniti- non incluse solo i falchi
neo-conservatori, sempre oranti e molto visibili attorno al Segretario della
Difesa Rumsfeld ed il suo deputato, Paul Wolfowitz. Incluse anche i potenti
interessi permanenti dai quali dipende il dominio globale della proiezione
economica americana, come l’influente settore energetico, con Halliburton,
Exxon Mobil, Chevron Texaco e le altre mega multinazionali. E incluse anche gli
interessi delle maggiori industrie della difesa US, come Boeing,
Lockheed-Martin, Raytheon Northrup-Grumman ed altri. La questione per questi
grandi conglomerati della difesa e dell’energia non consiste solo in alcuni
grossi contratti del Pentagono per ricostruire le installazioni petrolifere
irachene e riempire le tasche di Dick Cheney o altri. È in gioco la lunga
durata del potere americano nelle prossime decadi. Ciò non vuol dire che, nel
processo, non saranno fatti profitti ma che questi sono una ricaduta della
conduzione del problema strategico globale.
In questo gioco di potere, l’ultima preoccupazione è di preservare il ruolo del
dollaro come valuta di riserva del mondo, come principale fattore di indirizzo
che ha contribuito ai calcoli di potere di Washington sull'Iraq nei mesi
passati. La dominazione americana nel mondo è si assestata su due pilastri: la
sua schiacciante superiorità militare, specialmente sui mari; ed il suo
controllo dei flussi economici mondiali attraverso il ruolo del dollaro come
valuta di riserva mondiale. E’ sempre più chiaro che la guerra in Iraq era più
funzionale a preservare il secondo pilastro, circa il ruolo del dollaro, che il
primo, il militare. Nel ruolo del dollaro, il petrolio è un fattore strategico.
Secolo americano: le tre fasi
Se noi guardiamo indietro, al periodo dalla fine della II Guerra Mondiale,
possiamo identificare diverse fasi distinte dell'evoluzione del ruolo americano
nel mondo. La prima fase, che va dall’immediato dopoguerra all'inizio della
Guerra Fredda (1945-1948), potrebbe essere definita dal sistema della parità
del cambio dollaro/oro, di Bretton Woods.
Con il sistema di Bretton Woods nell’immediato periodo del dopoguerra, l'ordine
era relativamente tranquillo. Gli Stati Uniti erano chiaramente usciti dalla
guerra come unica superpotenza, con una base industriale forte e la più grande
riserva aurifera di ogni altra nazione. Il compito iniziale era ricostruire
Europa Occidentale e creare l’alleanza Atlantica (Nato) contro l'Unione
Sovietica. Il ruolo del dollaro fu agganciato direttamente a quello di oro.
Così, finché gli US godettero la più grande riserva di oro e l'economia
americana era di gran lunga la più efficiente e produttiva, l’intera struttura
monetaria di Bretton Woods, dal Franco francese, alla Sterlina britannica, al
Marco tedesco, era stabile. Assistenza e crediti in dollari si estesero insieme
al Piano Marshall per finanziare la ricostruzione dell'Europa lacerata dalla
guerra. All’inizio degli anni ’50, società americane, tra cui le multinazionali
del petrolio, si arricchirono dominando il mercato. Washington, nel ‘58,
incoraggiò anche la creazione del Trattato di Roma per rafforzare la stabilità
economica europea ed estendere i mercati di sbocco per le proprie esportazioni.
Questa fase iniziale di quello che l’editore Henry Luce nel Time ha chiamato il ‘Secolo
Americano’, in termini di guadagni economici, fu relativamente soddisfacente
per gli Stati Uniti e l'Europa. Gli Stati Uniti avevano ancora la flessibilità
economica per muoversi.
Questa era l'era della politica estera liberale americana. Gli Stati Uniti
erano la potenza egemone nella comunità delle nazioni Occidentali. Data la
schiacciante superiorità di controllo di oro e risorse economiche, rispetto
all’Europa Occidentale o al Giappone e la Corea del Sud, gli Stati Uniti
potevano ben permettersi di essere aperti nelle loro relazioni commerciali
all’esportazione europea e giapponese. Lo scambio mercantile con Europa e
Giappone era un sostegno per il ruolo degli US durante la Guerra Fredda. La
leadership US, durante gli anni ‘50 e i primi ’60, si basava meno sulla diretta
coercizione ed era più volta al consenso, sia in ambito commerciale GATT, sia
in altre questioni. Organizzazioni di élite, come gli incontri Bilderberg,
furono organizzate per partecipare allo sviluppo del consenso tra Europa e
Stati Uniti.
Questa prima fase più benevola del Secolo Americano finì nei primi anni‘70.
Il cambio in oro di Bretton Woods cominciò a rompersi quando, dalla metà degli
anni ’60, l’Europa fu in grado di reggersi economicamente sui suoi piedi e
iniziò a divenire un forte esportatore. Questa crescente forza economica
dell’Europa occidentale coincise con gli elevati deficit pubblici fatti
registrare agli US da Johnson, ai tempi in cui sviluppava la tragica guerra del
Vietnam. Durante tutti gli anni ’60, de Gaulle cominciò a prendere i dollari
dei guadagni delle sue esportazione e a richiedere alla Federal Reserve US lo
scambio in oro, cosa legittima al tempo di Bretton Woods. Dal Novembre 1967 il
drenaggio di oro dagli Stati Uniti e di valuta della Banca d’Inghilterra era
diventato critico. La Britannia era il debole collegamento nell’accordo del
cambio in oro di Bretton Woods con l’Europa. Il collegamento si ruppe quando la
Sterlina fu svalutata, nel 1967. Ciò accelerò semplicemente la pressione sul
dollaro US, mentre la Banca Francese e le altre banche centrali, aumentavano la
loro richiesta di oro US in cambio delle loro riserve di dollari. Essi
calcolarono che, con gli elevati deficit della guerra in Vietnam, era solamente
una questione di mesi prima che gli Stati Uniti stessi, sarebbero stati
costretti a svalutare rispetto all’oro, per far uscire il loro oro fuori ad un
prezzo più alto.
Dal maggio 1971 il drenaggio di oro dalla Federal Reserve US era divenuto
allarmante e anche la Banca d'Inghilterra si unì ai francesi ad esigere oro
americano contro i loro dollari. A quel punto, piuttosto che far rischiare agli
Stati Uniti un crollo delle riserve aurifere, l'Amministrazione di Nixon optò
per abbandonare completamente il sistema dell’oro, andando ad un sistema di
valute flottanti nell’Agosto 1971. La rottura con l’oro aprì la porta ad una
fase completamente nuova del Secolo Americano. In questa nuova fase, il
controllo sulla politica valutaria venne di fatto privatizzato, con le grandi
banche internazionali, come Citibank, Chase Manhattan o Barclays Bank, che
assumevano il ruolo che le banche centrali avevano nel sistema legato all’oro,
ma completamente senza oro. La forza del mercato ora avrebbe determinato il
valore del dollaro. Attuarono ciò con una vendetta.
Il libero galleggiare del dollaro, combinato con l'aumento, nel 1973, del
prezzo OPEC del petrolio del 400%, dopo la Guerra dello Yom Kippur, creò la
base per una seconda fase del Secolo Americano, la fase del Petrodollaro.
Il riciclaggio dei Petrodollari
Ad iniziare dalla metà dei ‘70, il sistema di esclusivo dominio economico del
Secolo Americano subì un cambiamento drammatico. Un’improvvisa crisi
petrolifera Anglo-americana creò un’enorme richiesta per il dollaro flottane. I
paesi importatori di petrolio, dalla Germania all’Argentina, al Giappone, tutti
si trovarono a dover esportare in dollari per pagare nuovi conti salati per le
loro importazioni di petrolio. I paesi petroliferi OPEC vennero sommersi dai
nuovi petrodollari. Una parte notevole di questi petrodollari venne deposita
nelle banche di Londra e New York, dove fu istituito un nuovo processo: Henry
Kissinger lo chiamò riciclaggio di petrodollari. La strategia di riciclaggio fu
discussa già nel Maggio 1971 alla riunione di Bilderberger a Saltsjoebaden,
Svezia.
Improvvisamente l’OPEC era sommersa da dollari che non poteva usare. Gli US e
le banche del Regno Unito presero i dollari dell’OPEC e li convertirono in
obbligazioni o prestiti in eurodollari a paesi del terzo Mondo, che cercavano
disperatamente di ottenere in prestito dollari per finanziare leimportazioni di
petrolio. La formazione di questi debiti in petrodollari alla fine degli anni
‘70, pose la base per le crisi debitorie del terzo Mondo degli anni ‘80.
Centinaia di miliardi di dollari furono riciclati tra l’OPEC, la banche di
Londra e di New York e indietro, in prestito ai paesi del terzo Mondo.
Nell’Agosto 1982 finalmente la catena si ruppe. Il Messico l'annunciò che
sarebbe stato inadempiente nel ripagare i prestiti di eurodollari. La crisi di
debito del terzo Mondo cominciò quando Paul Volcker e la Federal Reserve US
avevano unilateralmente rialzato il tasso di interesse US (fine del‘79) per
tentare di salvare la debolezza del dollaro. Dopo tre anni di ratei di
interesse eccezionalmente alti negli Stati Uniti, il dollaro era salvo ma
l’intero settore dello sviluppo stava soffocando economicamente sotto le
percentuali di interesse da usura sui loro prestiti dei petrodollari. Per
imporre il rimborso del debito alle banche di Londra e di New York, le banche
portarono la Fmi a comportarsi come un guardiano del debito. Su direttive del
Fmi, furono tagliati la spesa pubblica per salute, istruzione e welfare per
assicurare alle banche di ottenere un puntuale utile sul debito dei loro
petrodollari.
La fase di egemonia del petrodollaro fu un tentativo delle istituzioni US di
rallentare il proprio declino di geopolitico come centro egemone del sistema
postbellico. Il Fmi del Washington Consensus fu sviluppato a rafforzare una
draconiana raccolta di debito dai paesi del terzo Mondo, costringendoli a
rimborsare i dollari di debito, impedendo alle nazioni del Sud ogni
indipendenza economica, e tenendo le banche US e il dollaro galleggianti. La
Commissione Trilateral fu creata da David Rockefeller ed altri nel 1973, per
tenere conto della recente comparsa del Giappone come gigante industriale e
tentare di portare il Giappone nel sistema. Il Giappone, in quanto preminente
nazione industriale, era un notevole importatore di petrolio. I giapponesi
scambiavano le eccedenze dall’esportazione di automobili ed altri beni, per
comprare petrolio in dollari. L'eccedenza rimanente venne investita, per
ricavarne interessi, in obbligazioni del Tesoro US. Il G-7 fu fondato per
tenere Giappone ed Europa Occidentale nel sistema del dollaro americano. Di
tanto in tanto negli anni ‘80 giravano voci che il Giappone proponesse tre
valute, dollaro, marco tedesco e yen, per dividere il ruolo di riserva
mondiale. Non accadde mai. Il dollaro rimase dominante.
Da uno stretto punto di vista, la fase di egemonia del petrodollaro sembrò
funzionare. Dopotutto, si basava sull’aggravare sempre più lo scadimento
economico dello standard di vita nel mondo, mentre le politiche del Fmi
distruggevano la crescita economica nazionale e infrangevano i mercati aperti
per globalizzare multinazionali, in cerca di sedi esterne di produzione a basso
costo; negli anni‘80 e specialmente‘90.
Ora, anche nella fase del petrodollaro, la politica estera economica americana
e quella militare furono dominate dalle voci del tradizionale consenso
liberale. Il potere US dipese dal negoziare periodicamente nuove sistemazioni
del commercio o di altre questioni coi suoi alleati in Europa, Giappone e Est
Asia.
Un Petro-euro rivale?
La fine della Guerra Fredda e la comparsa di una nuova Europa unita e
dell’Unione Monetaria Europea nei primi ‘90, cominciò a presentare una sfida
completamente nuova al Secolo Americano. Occorse più di una decade di anni dopo
la Guerra del Golfo del 1991, perché questa nuova sfida emergesse chiaramente.
L’attuale guerra in Iraq è solamente concepibile, come un’importante lotta
nella nuova, terza fase per assicurare il dominio US. Questa fase è stata
chiamata ‘imperialismo democratico’, con una terminologia gradita a Max Boot e
altri neo-conservatori (ma, come suggeriscono gli eventi in Iraq, è improbabile
che sia molto democratico, più decisamente probabile che sia imperialista).
Diversamente dai primi tempi dopo 1945, nella nuova era non c’è più la licenza
per gli US di accordare concessioni agli altri membri del G-7. Ora il rude
potere è l'unico mezzo per mantenere il dominio americano a lungo termine. La
migliore espressione di ciò viene dai falchi neo-conservativi, come Paul
Wolfowitz, Richard Perle William Kristol ed altri. Il punto da sottolineare è
che i neo-conservatori godono della loro influenza fin dall’11 Settembre,
perché una maggioranza nella struttura del potere US ha trovato i loro punti di
vista utili per avanzare un nuovo ruolo aggressivo degli Stati Uniti nel mondo.
Invece di riuscire ad accordarsi con i partner europei, Washington considera in
modo crescente l’Europa come la principale minaccia strategica all’egemonia
americana, specialmente la Vecchia Europa della Germania e della Francia.
Proprio come, dopo il 1870, la Britannia in declino ricorse a guerre imperiali
sempre più disperate, in Sud Africa ed altrove, così gli Stati Uniti stanno
usando la loro forza militare per tentare di avanzare quello che non possono
più con mezzi economici. Qui il dollaro è il loro tallone di Achille.
Con la creazione dell'euro negli ultimi cinque anni, si è aggiunto al sistema
globale un elemento completamente nuovo, che definisce una terza fase del
Secolo Americano, nella quale gli ultimi drammi della guerra in Iraq hanno un
ruolo notevole. I neo-conservatori sono aperti sul loro progetto imperiale,
mentre voci più tradizionali della politica americana tentano di negarlo. La realtà
economica affrontata dal dollaro all'inizio del secolo nuovo, definisce questa
nuova fase con cattivi presagi.
Emerge una differenza qualitativa che tra le due fasi precedenti e quella della
dominazione che, dopo attacco dell’11/9, continua fino all’attuale Guerra
all'Iraq. Quando un’egemonia è dominante, in una distribuzione diseguale del
potere, la sua supremazia non è generata solo da coercizione ma anche dal
consenso fra le sue potenze alleate. Ciò perché chi è egemone è costretto a
fornire certi servizi agli alleati, come la sicurezza militare o la regolazione
dei mercati nel mondo per il beneficio del gruppo allargato, incluso se stesso.
Un potere imperiale invece non ha nessuno di tali obblighi verso gli alleati,
solamente le crude imposizioni per mantenere il loro potere declinante, che
qualcuno chiama della sovra-estensione imperiale. Questo è il mondo che i
falchi neo-conservatori come Rumsfeld e Cheney suggeriscono all’America per
dominare, con la politica della guerra preventiva.
Una guerra ignota tra il dollaro e la nuova valuta dell’euro per l’egemonia
globale è al centro di questa nuova fase.
Per capire l'importanza di questa battaglia sottaciuta per l’egemonia
monetaria, va ricordato che la superpotenza globale US è rimasta incontrovertibilmente
assestata su due pilastri. Primo, la loro schiacciante superiorità militare su
tutti gli altri concorrenti. Gli Stati Uniti oggi spendono nella difesa più di
tre volte il totale dell’intera l'Unione europea ($396 miliardi contro $118
miliardi lo scorso anno), più delle 15
maggiori nazioni combinate. Washington pianifica di aggiungere alla
difesa $2,1 triliardi nei prossimi cinque anni. Nessuna nazione o gruppo di
nazioni può avvicinarsi a un simile budget per la difesa. La Cina è lontana
almeno 30 anni dal diventare una seria minaccia militare. Nessuno contrasta
seriamente la forza militare US.
Il secondo pilastro di dominio US nel mondo è il ruolo dominante del dollaro
americano come valuta di riserva. Fino all'avvento dell'euro, alla fine del 1999,
non c'era sfida potenziale all’egemonia del dollaro nel commercio mondiale. Il
petrodollaro è stato centrale per l’egemonia del dollaro fino agli anni ‘70.
L’egemonia del dollaro è strategica per il futuro del predominio globale
americano; per molti aspetti importante come il potere militare, se non di più.
Dollaro, moneta decretata
La svolta cruciale avvenne quando Nixon sganciò il dollaro dalla riserva fissa
in oro per fluttuare rispetto le altre valute. Questo rimosse le limitazioni
nello stampare altri dollari. Il limite era rappresentato solamente da quanti
dollari il resto del mondo avrebbe richiesto. Con il loro fermo accordo con
l'Arabia Saudita, come maggior produttore di petrolio OPEC, Washington si
garantì che la principale merce del mondo, il petrolio- essenziale per ogni
economia nazionale, base di ogni trasporto e dell'economia industriale- potesse
essere acquistato solamente sui mercati mondiali in dollari. Il patto era stato
stipulato nel Giugno 1974 dal Segretario di Stato Kissinger, istituendo una
Commissione Congiunta di Cooperazione Economica US/Arabia Saudita. Il Tesoro US
e la New York Federal Reserve consentiva alla banca centrale saudita SAMA di
comprare obbligazioni di stato US con i petrodollari sauditi. Nel 1975 l’OPEC
concordò ufficialmente di vendere il suo petrolio solamente contro dollari. La
contropartita era accordo militare segreto americano e per armare l’Arabia
Saudita.
Fino al Novembre 2000, nessun paese OPEC osò violare la regola del pagamento in
dollari. Finché il dollaro era la valuta più forte, non vi era ragione di
cambiare. Ma a Novembre i francesi con altri membri europei, convinsero
finalmente Saddam Husseina a sfidare gli Stati Uniti, non vendendo
l’oil-for-food dell’Iraq in dollari (valuta del nemico, come dicevano in Iraq)
ma solamente in euro. Gli euro erano depositati in un conto speciale ONU della
principale banca francese, la BNP Paribas. Radio Liberty del Dipartimento di Stato US intervenne a stretto
circuito sulle notizie e mise rapidamente a tacere la questione.
Questa mossa poco notata dell’Iraq, di sfida del dollaro in favore dell'euro,
in se stessa era insignificante. Me se si fosse divulgata, specialmente dal
momento che il dollaro si stava già indebolendo, avrebbe potuto creare una
svendita per panico di dollari dalle banche centrali straniere e dai produttori
di petrolio OPEC. Nei mesi precedenti l'ultima guerra all’Iraq, allusioni in
questa direzione circolavano in Russia, Iran, Indonesia ed anche in Venezuela.
Javad Yarjani, un funzionario OPEC iraniano, consegnò un'analisi dettagliata di
come l’OPEC in futuro avrebbe potuto vendere il suo petrolio all'EU per euro e
non dollari. Lo disse ad Oviedo (Spagna), nell’Aprile 2002 ad un incontro
dell'EU. Tutte le indicazioni sono che la guerra di Iraq fu portata in quanto
era il modo più facile di sferrare un colpo preventivo mortale, che servisse da
avvertimento per l’OPEC ed altri, di non giocare con l'abbandono del sistema
del petrodollaro in favore dell'euro.
Privatamente, informati circoli tecnici bancari nella City di Londra ed altrove
in Europa confermano il significato di quella poco notata mossa dell’Iraq, di
passaggio dal petrodollaro al petroeuro. La mossa dell’Iraq era una
dichiarazione di guerra contro il dollaro; un anziano banchiere londinese mi
disse recentemente "appena è stato chiaro che Britannia e Stati Uniti
avevano preso l’Iraq, si sentì un grande sospiro del sollievo nelle banche
della City Londinese. Riservatamente dissero, ora noi non dovremo più
preoccuparci di quella dannata minaccia dell’euro".
Come ha potuto un fatto così piccolo rappresentare una tale minaccia strategica
a Londra e New York, che gli US e un Presidente americano mettessero a rischio
cinquanta anni di relazioni di alleanza, per fare un attacco militare la cui
giustificazione non poteva nemmeno essere provata al mondo?
La risposta è il ruolo fondamentale del petrodollaro per sostenere l’egemonia
economica americana.
Come funziona? A lungo circa il 70% del commercio mondiale è stato fatto in
dollari, il dollaro è la valuta che le banche centrali accumulano come riserva.
Ma le banche centrali, sia della Cina o Giappone o Brasile o la Russia, non
accumulano semplicemente dollari nelle loro valute. Le monete hanno un
vantaggio sull’oro. Una banca centrale può usarlo per comprare le obbligazioni
di stato dell'emittente, gli Stati Uniti. La maggior parte di paesi in tutto il
mondo è costretto a controllare deficit commerciali o affrontare il crollo
della valuta. Non gli Stati Uniti. Questo determina il ruolo del dollaro come
valuta di riserva. Ed a sostenere il ruolo di riserva è il petrodollaro. Ogni
nazione ha bisogno di trovare dollari per importare petrolio, alcuni più di
altri.
Poiché il petrolio è una merce essenziale per ogni nazione, il sistema di
petrodollari attualmente esistente, richiede la formazione di enormi eccedenze
commerciali per accumulare grandi eccedenze di dollari. Questo avviene per ogni
paese ma non per gli US, che controllano il dollaro e lo stampano secondo
volontà o decreto. Poiché oggi la maggioranza di tutti gli scambi
internazionali è fatta in dollari, i paesi devono andare all'estero a cercare i
mezzi di pagamento che da soli non riescono a emettere. La struttura
dell’intero commercio globale oggi lavora attorno a queste dinamiche, dalla
Russia alla Cina, dal Brasile alla Corea del Sud, al Giappone. Ognuno punta a
massimizzare le eccedenze di dollari dal loro commercio estero.
L’intera egemonia valutaria gli Stati Uniti dipende da questo riciclaggio di
dollari. Le banche centrali di Giappone, Cina, Corea del Sud, Russia e tutte le
altre, comprano titoli del Tesoro US con i loro dollari. Ciò permette agli
Stati Uniti di avere un dollaro stabile, lontano dai tassi di interesse più
bassi, e portano $ 500 miliardi annui di pagamenti dei debiti del resto
del mondo. La Federal Reserve controlla l’emissione di dollari, ed il mondo ha
bisogno di questi dollari. Semplice.
Continua parte II
Traduzione dall’inglese Bf