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Un Nuovo Secolo
Americano? L’Iraq e le guerre sconosciute euro-dollaro [2]
parte prima - parte seconda
di F. William Engdahl, US/Germania 31/12/04
La minaccia del debito estero US
Ma, forse non così semplice. Questo è un sistema estremamente instabile,
essendo ora negli US il debito netto e commerciale, e la passività dei conti
esteri ben al di sopra del 22% del Pil, e in rapida ascesa. L'indebitamento
estero netto degli US, pubblico come privato, sta cominciando malauguratamente
ad esplodere. Secondo un recente studio dell'Istituto Pestel di Hannover, nei
tre anni trascorsi dal crollo dei titoli US e dalla ricomparsa del deficit di
bilancio a Washington, la posizione del loro debito netto è quasi raddoppiata.
Nel 1999, al culmine dello scoppio della bolla del dot.com, il debito netto US
verso l’estero era $ 1,4 trilioni. Dalla fine di quest’anno, si valuta che
eccederà di $ 3,7 miliardi! Prima dell’89, gli Stati Uniti erano stati un
creditore netto, guadagnando dai loro investimenti esteri più di quanto
pagassero loro in interessi sui bond del Tesoro o altri investimenti US. Dalla
fine della Guerra Fredda, gli Stati Uniti sono passati ad essere una nazione in
debito netto estero del calibro di $3,7 trilioni! Che non sono propriamente
"noccioline".
Non richiede doti di preveggenza vedere la minaccia strategica che questi
deficit rappresentano per il ruolo degli Stati Uniti. Con un deficit corrente
annuale (specialmente commerciale) a livello di $500 miliardi- un 5% del Pil-
gli Stati Uniti devono importare o attirare almeno $1,4 miliardi al giorno, per
evitare un crollo del dollaro e tenere il loro tasso di interesse
sufficientemente basso da sostenere l'economia societaria, a sua volta oppressa
dal debito. E questo debito netto sta peggiorando ad un ritmo drammatico. Ora,
se Francia, Germania, Russia ed alcuni dei paesi petroliferi dell’OPEC
spostassero in euro anche solo una piccola parte della loro riserva di dollari,
per comprare obbligazioni della Germania o Francia o come piaccia, gli Stati
Uniti affronterebbero una crisi strategica senza precedenti dal dopoguerra.
Prevenire questa minaccia è stata una delle ragioni più attentamente nascoste
nella decisione di andare ad un ‘cambio di regime’, come viene detto, in Iraq.
Il futuro status di superpotenza unica US dipende dal prevenire la minaccia che
emerge dall’Eurasia; dall’Europa specialmente. Iraq era ed è un pezzo del gioco
degli scacchi di uno scenario strategico più molto più ampio, uno dei pezzi più
alti.
L'euro minaccia l'egemonia
Quando l'euro fu lanciato, alla fine dell'ultima decade, figure emergenti alla
guida dell’EU, il banchiere della Deutsche Bank Norbert Walter e il Presidente
francese Chirac, andarono dai principali possessori di riserve di dollari,
Cina, Giappone e Russia e tentarono di convincerli a convertire almeno una
parte delle loro riserve in euro. Tuttavia, questo scontrava con la necessità
di svalutare un euro troppo alto, così da poter permettere alle esportazioni
tedesche di stabilizzare la crescita dell’Europa. Fino al 2002 si verificò la
discesa dell’euro.
Poi, con il crollo negli US per la bolla scoppiata del dot.com, gli scandali
finanziari Enron e Worldcom e la recessione nel paese, il dollaro cominciò a
perdere la sua attrattiva per gli investitori stranieri. Gli euro guadagnarono
stabilmente fino alla fine di 2002. Mentre Francia e Germania preparavano la
loro strategia diplomatica segreta per bloccare la guerra al Consiglio di
Sicurezza dell'ONU, girarono voci che le banche centrali di Russia e Cina
avevano cominciato piano piano a scaricare dollari e ad acquistare euro. Il
risultato, alla vigilia della guerra, fu un dollaro in caduta libera. La scelta
data per Washington era se lasciare la guerra in Iraq, o trasformarla in una
sconfitta lunga e insanguinata.
Ma Washington, guidata dalle banche newyorkesi e dai settori più elevati della
gerarchia US, sapeva chiaramente quello che era in pericolo. L’Iraq non aveva
ordigni chimici e nemmeno armi nucleari di distruzione di massa. L'arma letale
era la minaccia che altri avrebbero seguito l’esempio dell’Iraq e avrebbero
scambiato i dollari in euro, creando la distruzione del ruolo egemonico US
nell’economia del mondo. La fine del ruolo di moneta di riserva del dollaro
sarebbe una catastrofe per gli US. I tassi di interesse della Federal Reserve
avrebbero dovuto essere spinti più in alto che nel 1979, quando Paul Volcker
elevò la percentuale sopra il 17%, per tentare di fermare il crollo del
dollaro. Pochi comprendono che la crisi del dollaro del 1979 era anche un
risultato diretto delle mosse di Francia e Germania, sotto Giscard e Schmidt,
che, per difendere l’Europa, insieme con l'Arabia Saudita ed altri,
cominciarono a vendere obbligazioni del Tesoro US, per protesta contro la
politica dell’Amministrazione Carter. Va anche ricordato che dopo il salvataggio
del dollaro di Volcker, l'Amministrazione Reagan, appoggiata da molti dei
falchi neo-conservatori di oggi, iniziò un’enorme spesa per la difesa militare,
per sfidare l'Unione Sovietica.
L’Eurasia contro l’isolazionismo del Potere
Angloamericano
Questa lotta dei petro-dollari contro i petro-euro iniziata in Iraq, non ha più
mezzi, nonostante l'apparente vittoria degli Stati Uniti in Iraq. L'euro fu
creato dagli strateghi di geopolitica francesi per stabilire un mondo
multipolare dopo il crollo dell'Unione Sovietica; lo scopo era bilanciare il
dominio opprimente degli Stati Uniti negli affari mondiali. Gli strateghi
francesi, per sviluppare la loro alternativa di potere concorrente agli US,
significativamente, si affidarono ad un esperto britannico, vale a dire Sir
Halford Mackinder.
Nel Febbraio ‘04, un bollettino d'informazione collegato all’intelligence
francese, Intelligence On-line,
scrisse un rapporto: "I retroscena della strategia del legame
Parigi-Berlino-Mosca". Riferendosi al blocco imposto al Consiglio di
Sicurezza ONU da Francia-Germania-Russia, per tentare di evitare che US e UK
muovessero guerra all’Iraq; il rapporto di Parigi riferisce di recenti sforzi
di potenze, europee ed altre, per creare un contropotere a quello degli Stati
Uniti. Riferendosi ai nuovi legami della Francia con la Germania e più
recentemente con Putin, si nota che ‘una logica nuova ed anche dinamica sembra
essere emersa. Un'alleanza tra Parigi, Mosca e Berlino, che corre
dall'Atlantico all’Asia, potrebbe prefigurare un limite al potere US. Per la
prima volta dall'inizio del XX secolo, la nozione di un mondo continentale-
incubo degli strateghi inglesi- si è insinuata di nuovo nelle relazioni
internazionali’. (1)
Mackinder, padre della geopolitica britannica, scrisse in una sua pagina
straordinaria, ‘Il cardine geografico della storia’, che il controllo del cuore
dell’Eurasia, dalla Normandia francese a Vladivostock, era l'unica minaccia
possibile da opporre alla supremazia navale della Britannia. La diplomazia
britannica, fin dal 1914, era basata sul prevenire ogni minaccia dall’Eurasia,
che al tempo della politica di espansione della Germania del Kaiser, guardava
ad Est con la ferrovia di Bagdad e la formazione della Marina militare tedesca di
Tirpitz. Il risultato fu la I Guerra Mondiale. Riferendosi agli sforzi in corso
degli inglesi- e poi degli americani- per prevenire un’alleanza concorrente in
Eurasia, il rapporto dell’intelligence di Parigi sottolinea, ‘Questo approccio
strategico (creare l’unità territoriale dell’Eurasia) sta all'origine di tutti
gli scontri tra i poteri Continentali ed i poteri marittimi (UK, US e
Giappone)… è la supremazia di Washington sui mari che, anche ora, detta
l’incrollabile sostengono di Londra per gli Stati Uniti, e l'alleanza tra Tony
Blair e Bush’.
Un altro giornale francese ben connesso, Reseau
Voltair.net scrisse alla vigilia della guerra all’Iraq che il dollaro
era ‘Il tallone d’Achille degli Stati Uniti’ (2) : un modo
attenuato per esprimere il concetto.
‘L’Iraq’ fu pianificato molto prima
Questa ‘minaccia’ che emerge da una politica europea condotta dalla Francia con
l’Iraq e altri paesi, portò alcuni circoli importanti della gerarchia politica
US a cominciare a pensare ad azioni preventive per il sistema del petrodollaro
molto prima che Bush fosse Presidente. Mentre Perle, Wolfowitz e altri capi
neo-conservatori giocavano un ruolo preminente nello sviluppare una strategia
per salvare il sistema barcollante, prese forma un nuovo consenso che includeva
elementi di spicco della gerarchia tradizionale della Guerra Fredda, figure
come Rumsfeld e Cheney.
Durante la campagna del Settembre 2000, un piccolo think-tank di Washington, il
‘Progetto per un Nuovo Secolo Americano’(PNAC), redasse un notevole studio
politico: "la ricostruzione della difesa dell’America: strategie, forze e
risorse per il nuovo secolo". Il rapporto è utile per capire meglio la
politica dell’attuale Amministrazione. Sull'Iraq afferma che ‘Gli US hanno
cercato per decenni di avere un ruolo più stabile nella sicurezza regionale del
Golfo. Il conflitto irrisolto con l'Iraq offre il pretesto, la giustificazione
immediata, per la presenza di una concreta forza americana nel Golfo, che
trascende il problema del regime di Saddam Hussein’.
Questa carta del PNAC è la base essenziale per la Carta Bianca Presidenziale
del Settembre 2002,"La Strategia della Sicurezza Nazionale degli Stati
Uniti d’America". La carta del PNAC sostiene un ‘progetto per mantenere la
superiorità globale US, precludendo il sorgere di un grande potere concorrente,
e plasmare l'ordine della sicurezza internazionale, in linea con principi ed
interessi americani. La Grande Strategia americana deve proseguire più a lungo
possibile’. Ancor più, gli US devono, ‘scoraggiare le nazioni industriali
avanzate dallo sfidare il nostro comando o anche aspirare ad un più grande
ruolo, regionale o globale’.
I membri del PNAC del 2000 si ritrovano elencati nella Amministrazione Bush di
oggi. Incluso Cheney, sua moglie Lynne Cheney, l’aiutante di Cheney
neo-conservatore Lewis Libby; Donald Rumsfeld; il Segretario di Rumsfeld, Paul
Wolfowitz. Inclusi anche il capo NSC del Medio Oriente, Elliott Abrams; John
Bolton del Dipartimento di Stato; Richard Perle, e William Kristol. Così come,
il primo vicepresidente della Lockheed-Martin, Bruce Jackson e l’ex capo della
CIA James Woolsey, insieme a Normann Podhoretz, un altro fondatore neo-con.
Woolsey e Podhoretz parlano apertamente di essere nella ‘IV Guerra Mondiale’.
Sta diventando sempre più chiaro a molti che la guerra in Iraq serve per
prevenire una bancarotta del Secolo Americano, modello di dominio globale. È
anche chiaro che l’Iraq non è tutto. Quello che non è ancora chiaro, e deve
essere dibattuto apertamente in tutto il mondo, è come sostituire l’ordine
fallito del petrodollaro con un sistema nuovo e giusto per la prosperità
economica e la sicurezza globale.
Ora, mentre l’Iraq minaccia di esplodere nel caos interno, è importante
ripensare l’intero ordine monetario postbellico. L'attuale alleanza
franco-tedesco-russa, per creare un contrappeso agli Stati Uniti, non necessita
semplicemente di una versione francese del sistema del petrodollaro, un sistema
di petroeuro che ripeta la bancarotta del secolo americano solo con accento
francese, con l’euro che sostituisce il dollaro. Questo continuerebbe solamente
a distruggere gli standard di vita nel mondo, sommando alla devastazione umana
e alla disoccupazione elevata nelle nazioni industriali quella nei paesi in
sviluppo. Noi dobbiamo ripensare dall’inizio quello che cominciarono brevemente
alcuni economisti durante la crisi asiatica del ‘98, base di un nuovo sistema
monetario che sostenga lo sviluppo umano e non lo distrugga.
1)
Intelligence On-line, no.447:
20/02/2003. ‘La strategia dietro del legame Parigi-Berlino-Mosca '. Il
redattore di Intelligence On-line,
Guillaume Dasquie è uno specialista francese dell’intelligence strategica che
ha lavorato per i servizi francesi sul caso bin Laden e altre investigazioni.
Il suo rapporto sulle geopolitiche francesi dell’Eurasia, riflette chiaramente
il pensiero di alto-livello in Francia.
2) Reseau voltaire.net, ‘La
supremazia del dollaro: il tallone d'Achille degli Stati Uniti’, apparso il 4
Aprile 2003. Una dettagliata analisi francese della vulnerabilità del sistema
del dollaro, alla vigilia della guerra in Iraq.
Traduzione dall’inglese Bf